L'Iran si mangia anche la torta libanese?
Dopo 20 mesi di stallo e oltre 30 votazioni fallite per la mancanza del quorum necessario in Parlamento, il Libano sembra ora vicino alla nomina di un nuovo presidente della Repubblica. Ieri, dalla sua fortezza di Maarab, il capo delle Forze libanesi Samir Geagea ha annunciato di aver raggiunto un accordo col rivale di sempre, l’ex generale Michel Aoun, appoggiando la sua candidatura. I due protagonisti della crisi politica del paese, che oggi si sono fatti ritrarre in foto mentre tagliano insieme una torta per festeggiare l’intesa, sono gli stessi che fino a qualche anno fa si davano del “matto bugiardo” promettendosi “100 anni di guerra”.
Geagea e Aoun hanno combattuto su fronti opposti durante la guerra civile libanese dal 1975 al 1990. Aoun, membro dell’“alleanza dell’8 marzo”, è il candidato sostenuto dall’Iran e dalle milizie di Hezbollah, mentre Geagea aderisce al partito rivale, l’“alleanza del 14 marzo” guidata dal sunnita Saad al Hariri e appoggiata dall’Arabia Saudita. Il Libano è da anni al centro di una delle tante competizioni tra Riad e Teheran, ognuna delle quali finanzia e sostiene politicamente il proprio uomo forte nel paese.
L’intesa tra gli eterni rivali della politica libanese arriva a poche ore di distanza dalla fine delle sanzioni internazionali imposte all’Iran e a qualche settimana dalle rivolte di piazza degli sciiti contro l’Arabia Saudita. Una prima lettura dell’intesa tra i due nemici giurati della politica libanese è che sia un riflesso, o una conseguenza, del confronto tra Riad e Teheran su base regionale. Più di ogni altro paese mediorientale, il Libano risente del confronto settario tra sciiti e sunniti in medio oriente. Con la candidatura di Aoun, l’Iran ha così compiuto un passo in avanti verso l’obiettivo duplice di assestare un altro colpo ai sauditi e di assicurarsi un amico alla presidenza della Repubblica.
[**Video_box_2**]La svolta di lunedì, però, significa anche qualcos’altro. Per Thanassis Cambanis, scrittore ed editorialista del Boston Globe che da anni segue la politica libanese, l’accordo tra Aoun e Geagea è una soluzione “conservatrice” che finirà per preservare “un sistema politico intrappolato nel passato”. Cambanis si riferisce alla ripartizione delle cariche istituzionali del Libano su base confessionale. Un sistema delicato, (“talmente scevro da qualunque visione politica” da “dipendere da attori terzi”, scrive Cambanis) e aggravato dall’afflusso di oltre un milione e mezzo di rifugiati siriani in un paese di appena 4,5 milioni di abitanti. La demografia libanese ha risentito della guerra in Siria e i cristiani sono rimasti schiacciati dall’aumento della popolazione musulmana. Così, l’elezione del presidente della Repubblica, che per la Costituzione libanese deve essere un maronita, è diventata ancora più delicata, come dimostrano le trattative infinite degli ultimi 20 mesi. Ancora una volta, qualunque riforma istituzionale, per esempio il passaggio da un sistema confessionale a uno elettivo, è stata rimandata. L’intesa raggiunta lunedì dai grandi nemici Aoun e Geagea, insomma, è anche una buona occasione che è andata persa.