L'incubo di un altro 2008 spinge Hillary a cambiare strategia
New York. Hillary Clinton ha investito talmente tante risorse in Iowa che il suo team in New Hampshire, il secondo stato nella corsa delle primarie, si sente un po’ trascurato, e trasmette la sua frustrazione al quartier generale di Brooklyn. La candidata è tormentata dal ricordo del 2008, quando il primo stato lo ha vinto a sorpresa Barack Obama, e quel passaggio ha cambiato istantaneamente tutta la dinamica delle primarie. Da oratore accattivante e personaggio “inspiring”, Obama s’è trasformato in candidato credibile.
L’analogia con quella tornata elettorale è inevitabilmente imperfetta, ma Hillary ha imparato la lezione e non vuole dare la possibilità all’avversario di turno, Bernie Sanders, di giocarle un tiro simile, così da mesi va consolidando la sua posizione dalle parti di Des Moines, per soffocare sul nascere le ambizioni del competitor. Una stima non confermata del New York Times dice che il Novanta per cento del denaro nelle casse della campagna è investito fra l’Iowa e il quartier generale. Hillary non ha nemmeno una presenza stabile in tutti gli undici stati dove si vota nel Super Tuesday (il 1° marzo), mentre Bernie ha distribuito in forma più omogenea le forze.
Strana strategia per una candidata che, nel giorno del lancio della campagna, si era vantata di avere almeno un dipendente in ciascuno stato. Quel modello di presenza capillare e nazionale ha ben presto lasciato il posto a una tattica basata sull’impatto iniziale, e il manager della campagna, Robby Mook, ha rimodellato tutta la macchina elettorale per sbaragliare gli avversari con una guerra lampo, non nelle trincee di una lunga campagna invernale. Ora che l’avversario si è rafforzato e l’Iowa non è più una certezza assoluta, Hillary sta cambiando di nuovo strategia. Mook dice ai giornalisti che si stanno preparando a una campagna che potrebbe durare almeno fino ad aprile (“non è una questione dei primi due o dei primi quattro stati. Continueremo ad andare avanti finché ce ne sarà bisogno”), Hillary nell’ultimo dibattito televisivo ha ricordato che con Obama ha dato battaglia fino a giugno: messaggi che servono per trasmettere all’elettorato l’idea che non sta sottovalutando l’avversario, non questa volta. E servono anche per togliere un po’ di pressione sulla disfida dell’Iowa, ché se Hillary perde dopo aver investito tutto o quasi in quella battaglia rischia un effetto domino negativo. Intanto, però, Sanders cresce. E non è una crescita soltanto di entusiasmo, visibilità e capacità di penetrazione. Il senatore del Vermont sta lavorando per allargare la base elettorale, apre uffici in stati che votano in primavera, prevedendo le necessità imposte da una guerra di logoramento.
[**Video_box_2**]Rispetto a Hillary ha il vantaggio di non dover quasi dedicare tempo ed energie al fundraising, dato che il flusso monetario cresce a ritmi incredibili senza che il candidato abbia in solo dipendente che si occupa di finanziamenti. Poche spese e molte entrate: con questo invidiabile modello di business, il senatore può permettersi di investire tutto sulle attività sul campo. Nell’ultimo trimestre del 2015 Sanders ha raccolto 33 milioni di dollari, soltanto quattro in meno rispetto a Hillary, che ha ben altri mezzi e connessioni. I sondaggi in Iowa lo danno in rapida risalita: ora il sito RealClearPolitics, che calcola la media dei sondaggi più attendibili dice che Hillary ha quattro punti percentuali di vantaggio. FiveThirtyEight, il portale che nelle ultime tornate ha sbagliato pochissimo le previsioni, dà un coefficiente di successo più positivo per la frontrunner, che ha l’80 per cento di possibilità di vincere l’Iowa. Ma il “momentum”, il vento favorevole, è certamente dalla parte di Sanders. Non significa molto per il momento, ma è abbastanza per convincere Hillary a cambiare strategia, e a esorcizzare i brutti sogni del 2008.
L'editoriale dell'elefantino