Quel “probabilmente” che puzza nel rapporto Litvinenko
Un giudice britannico dice che l’ordine di uccidere la spia russa è arrivato da Putin, ma le prove scricchiolano e adesso il premier inglese Cameron ha un guaio da gestire.
“Sono giunto alla conclusione che l'operazione dell'Fsb per assassinare il signor Litvinenko fu probabilmente approvata dal signor Nikolai Patrushev, all'epoca capo dell'Fsb, e anche dal presidente Putin”. Sono queste poche parole, in fondo a un rapporto di 329 pagine, ad aver avuto l'effetto di una bomba, quando il giudice Sir Robert Owen le ha pronunciate in un tribunale di Londra. Il coroner britannico ha lanciato l'accusa dopo mesi di indagini, interrogatori di decine di testimoni e consulenze con esperti di ogni genere. E non ha dubbi: Alexandr Litvinenko, ex agente del Servizio federale di sicurezza russo (Fsb) scappato nel Regno Unito, è stato avvelenato con il polonio-210 nel novembre 2006 a Londra da due russi, Andrey Lugovoi e Dmitri Kovtun.
Questi i fatti più o meno acclarati, il resto è una imponente costruzione di indizi e ipotesi che tracciano i complessi rapporti di Litvinenko con i vari servizi segreti – l'MI6, ma anche un probabile legame con la Spagna – e personaggi politici, dai dissidenti russi come l'ex oligarca Boris Berezovsky alla guerriglia cecena. Il ragionamento di Owen in particolare si concentra sulle rivelazioni che Litvinenko aveva fatto riguardo ai legami dei vertici del Cremlino con la criminalità organizzata, con la mafia di Tambov e il suo potente boss Vladimir Kumarin. Un sospetto di recente rilanciato dall'opposizione liberale russa, rinfocolato da un documentario, “Whoismisterputin”, pubblicato in rete qualche settimana fa, dove vari testimoni sostengono che il futuro presidente russo aveva favorito la criminalità organizzata all'epoca in cui era vicesindaco di Pietroburgo, negli anni 90. Tra le prove principali figura il legame tra il giovane Vladimir e il suo allenatore di arti marziali Leonid Usavzov, freddato nel 1994 da un colpo di pistola dopo una lunga e onorata carriera che l'aveva portato anche a risiedere più volte nelle patrie galere. Contemporaneamente diverse fonti hanno rivelato che Litvinenko stava per partire per la Spagna, dove i giudici stavano indagando sulle attività della mafia di Tambov (uno dei cui boss, Ghennady Petrov, si è rifugiato nei Pirenei), e che la sua testimonianza avrebbe potuto essere cruciale.
Una pista nuova in un caso che in 10 anni ne ha seguite diverse. Una delle più accreditate era finora il libro che Litvinenko aveva scritto per accusare Putin di aver organizzato le stragi terroristiche a Mosca e in altre città nell'autunno del 1999, attribuite ai ceceni e servite da casus belli per la seconda guerra cecena. Ma siccome gli interessi del doppio agente erano vasti e numerosi, e per guadagnarsi da vivere scriveva anche rapporti di due diligence per società che volevano fare affari con la Russia, non è escluso che le sue rivelazioni riguardassero diverse vicende moscovite, anche quelle a cui probabilmente non aveva avuto accesso diretto nell'ambito delle sue mansioni nell'Fsb. La conclusione finale di Sir Robert Owen sul coinvolgimento diretto di Putin nel clamoroso omicidio al polonio si basa, alla fine, su un procedimento logico: con l'aiuto del professore di Oxford Robert Service il coroner è giunto alla conclusione che la struttura gerarchica russa non avrebbe potuto ordinare un assassinio così clamoroso senza informare i vertici dei servizi segreti, sui quali a sua volta il presidente aveva mantenuto una “supervisione” agevolata dal fatto che Patrushev (all'epoca capo dell'Fsb, in seguito segretario del Consiglio di sicurezza russo) era un suo amico e fedelissimo.
[**Video_box_2**]Le prove propriamente dette sono poche, come non hanno mancato di sottolineare le autorità russe. La portavoce del ministero degli Esteri Maria Zakharova ha parlato di un “caso puramente criminale strumentalizzato a fini politici”. Andrei Lugovoi, accusato di omicidio, ha rimproverato a Londra una “posizione antirussa”. La richiesta britannica di estradizione di Lugovoi – nel frattempo diventato deputato della Duma con i nazionalisti di Vladimir Zhirinovsky – e Kovtun ovviamente rimarrà senza risposta, nonostante su di loro penda un mandato dell'Interpol. La vedova dell'agente, Marina, ha chiesto subito nuove sanzioni contro Mosca e l'espulsione di tutti gli agenti russi dal Regno Unito. Numerosi parlamentari soprattutto del Labour e dei lib-dem hanno chiesto a Downing Street prendere misure severe nei confronti di Putin. Il portavoce di Cameron ha replicato con prudenza, parlando di rivelazioni “estremamente preoccupanti” e promettendo di “valutare” le azioni da intraprendere alla luce della cooperazione con la Russia nella lotta allo Stato islamico. Il ministro dell’Interno Theresa May ha promesso che Londra si muoverà “con cautela” e soltanto se necessario. Ma il rapporto sul caso Litvinenko minaccia ora di diventare una patata bollente per David Cameron, intenzionato a riprendere con Putin un dialogo sulla Siria.