Mauricio Macri a Davos (foto LaPresse)

Ma quanto è coccolato l'argentino Macri tra i grandi di Davos

Angela Nocioni
Il neopresidente argentino che promette riforme e liberalismo ha fatto di tutto per diventare il beniamino del World economic forum. L'invidia del Brasile

Coccolatissimo Mauricio Macri, il neopresidente argentino, destra non peronista, al Forum economico mondiale di Davos. "Voglio un'Argentina aperta, nella quale gli investitori esteri possano aver fiducia con regole stabili per tutti" è stato il debutto di Macri a Davos. Musica per le orecchie del pubblico del Forum, dal quale l'ex presidente Cristina Kirchner e suo marito Nestor, che la precedette a capo del governo argentino nel 2003, sono rifuggiti negli ultimi 12 anni.

 

Il modello economico che Macri ha sbandierato a Davos è lo stesso che ha venduto in campagna elettorale e che nei primi 40 giorni di governo ha mostrato di voler mantenere. Costo del lavoro basso, attenzione agli investitori esteri, grande interesse per ricucire rapporti con gli Stati Uniti. Ha anche lasciato intendere che è disposto a sedersi al tavolo con i fondi speculativi statunitensi che hanno portato l'Argentina al default tecnico per mancato rispetto del pagamento del debito, precedente che impedisce al momento a Buenos Aires di accedere al mercato tradizionale del credito.

 

Non siamo alle "relazioni carnali con los gringos" di cui si vantava l'ex presidente Menem negli anni 90 (la "decada perdida" la chiamano a sinistra in Argentina), ma il cambio di rotta è evidente. Chiusa l’epoca del neoperonismo autarchico con retorica socialisteggiante, torna l'Argentina spalancata agli investimenti esteri, con retorica liberista.

 

Macri ha tanto puntato a far bella figura alla sua prima Davos da presidente che si è giocato il suo asso nella manica: la carta venezuelana. Determinato a imporsi come leader liberale di riferimento in America latina, ha fatto da portavoce dell'opposizione venezuelana (della moglie di Leopoldo López soprattutto, il leader di estrema destra incarcerato da due anni, sostituito con grande efficacia dalla bella moglie, grande amica di Macri, nel ruolo di megafono dell'antichavismo militante) e ha chiesto l'immediata liberazione di tutti i detenuti politici a Caracas. "In tutte le sedi internazionali in cui andrò nei prossimi mesi, parlerò della crisi venezuelana" ha promesso Macri in conferenza stampa.

 

[**Video_box_2**]Tanto è piaciuto Macri a Davos, che la Folha de Sao Paulo, il principale giornale brasiliano, oggi riporta un commento velenoso di un analista economico locale: "La migliore notizia per il Brasile negli ultimi tempi è Mauricio Macri". Il fatto che la malconcia Argentina, avvitata in un'inflazione che supera il 30 per cento, sia nemmeno tanto implicitamente indicata come esempio per il gigante zoppo brasiliano, è un boccone amaro per il governo del Pt, il partito di Dilma e Lula. La coppia aspira a non perdere la presidenza e a tornare a vincere nel 2018 giocandosi proprio la ricandidatura dell'ex presidente Lula, che però si candida solo se capisce di avere la vittoria in tasca. Nel frattempo la moneta nazionale vacilla. L'inflazione brasiliana non è confrontabile con quella del fragile vicino, ma ha già superato il 10,7 per cento. E il futuro è incerto. Oggi il dollaro ha toccato i 4,1 sul real, nelle agenzie di cambio il 4,7. Si tratta del valore più alto dai tempi del Piano Real, il piano economico varato nel 1994 per far uscire il Brasile dall'iperinflazione.

 

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