In Portogallo si elegge il presidente della Repubblica. Favorito Rebelo de Sousa, grazie anche a Mourinho
Anche Mourinho è sceso in campo in favore del candidato del centro-destra che, almeno secondo i sondaggi, dovrebbe vincere le elezioni presidenziali di domenica.
Figlio di un ministro di Salazar che era stato anche governatore del Mozambico, il 67enne Marcelo Nuno Duarte Rebelo de Sousa è stato uno tra i fondatori (e poi presidente) del Partito Social Democratico (Psd) e per due anni, tra 1981 e 1983, anche membro del governo: segretario alla Presidenza del Consiglio e ministro per gli affari Parlamentari. Ha fatto anche moltissime cose al di fuori della politica partitica: professore universitario di Diritto, direttore di giornali, dirigente dell’Azione Cattolica, presidente della Fondazione intitolata all’ultima dinastia portoghese, soprattutto commentatore in tv. Un anchorman che, alla faccia della sua preparazione accademica, è diventato popolare per il modo aggressivo con cui parlava di un po’ di tutto: dalla politica allo sport passando per le recensioni librarie. Un rarissimo mix tra umori antipolitici e esperienza di palazzo che ne ha fatto un candidato irresistibile per un centrodestra che alle politiche del 4 ottobre si era sentito ingiustamente punito dalle urne: il premier Pedro Passos Coelho infatti aveva visto la sua coalizione scendere dai 132 ai 107 seggi, un salasso quasi inevitabile dopo la cura imposta dalla Troika, con la quale era riuscito a rimettere in sesto l’economia del paese. A sorpresa è stato invece il leader socialista António Costa, ex-sindaco di Lisbona, a formare il governo, ottenendo l’appoggio esterno di Blocco di Sinistra (Be) e Coalizione Democratica Unita (Cdu): il primo, un’aggregazione tra ex-maoisti e ex-trotzkysti che è diventata in pratica la versione lusitana di Podemos; la seconda, un’alleanza tra comunisti ortodossi e verdi.
Il 26 novembre António Costa si è insediato come primo ministro. Dopo neanche due mesi di governo però la situazione sembra essersi capovolta: gli ultimi sondaggi danno infatti Rebelo de Sousa tra il 51,8 e il 55 per cento dei voti.
“Io voto Marcelo”, ha detto Mourinho in un video a sorpresa che rappresenta in assoluto la sua prima scesa in campo politica. “Primo, perché conosco la persona e il politico e secondo perché sono stato lontano dal Portogallo per 15 anni e ho la chiara percezione che abbiamo bisogno di un vincente”. Sarebbe una vittoria al primo turno, agevolata dalla divisione delle sinistre che sembrano una nemesi dell’unità raggiunta per formare il governo. I socialisti infatti non sono riusciti neanche a mettersi d’accordo su un solo nome e Costa ha deciso di raccomandarne ben due.
[**Video_box_2**]L’uno è il 61enne António Sampaio da Nóvoa, che è docente universitario di Psicologia ed ex-rettore dell’Università di Lisbona, e che è formalmente un indipendente. L’altra è la 66enne Maria de Belém Roseira che è stata presidente del partito tra 2011 e 2014 e anche segretaria tra il settembre e il novembre del 2014, ma è stata poi sconfitta dalla corrente di Costa. Nóvoa sta nei sondaggi tra il 16,8 e il 22,6 per cento; Bélem tra l’8 e il 16,3. Sono stati nel Partito Socialista anche altri tre candidati indipendenti: l’imprenditore Henrique Neto, ex-deputato; il medico Cândido Ferreira, ex-presidente di una federazione distrettuale del partito; il piastrellista e stella di reality Vitorino Silva alias Tino de Rans, ex-presidente di una giunta distrettuale. Tra tutti e tre sono compresi tra l’1,1 e il 5,8 per cento.
Ma non basta, perché i partiti della sinistra portoghese sosterrà anche altri candidati. C'è infatti il comunista Edgar Silva, ex-prete, starebbe tra il 2,9 e il 5,2 per cento; la sociologa Marisa Matias, del Blocco di Sinistra, tra il 2,8 e l’8. Tra l’1,6 e il 3 sta Paulo de Morais, ex-sindaco socialdemocratico di Porto, che ha rotto col partito e ora corre predicando l'anticorruzione. Solo tra lo 0,1 e lo 0,6 sta il decimo candidato: l’indipendente Jorge Sequeira, psicologo e docente universitario.
In Portogallo il presidente è eletto dal popolo, pur non potendo diventare capo del governo come nei sistemi presidenziali all’americana, o semi-presidenziali alla francese. I suoi poteri, in teoria simili a quelli del presidente italiano, sono però nella pratica più forti per la legittimazione diretta che può vantare. E possono essere più forti ancora se di fronte si trova una maggioranza debole e incoerente come quella di António Costa.