Libia, cosa vuol dire il no a Tobruk per l'Italia
Il Parlamento di Tobruk oggi ha votato contro la lista di 32 ministri che dovrebbe formare il cosiddetto governo di accordo nazionale in Libia e ha chiesto una lista più breve, di 17 ministri, entro dieci giorni. Il voto vuol dire tre cose. La prima è che il Parlamento di Tobruk non è contro a prescindere all’idea di formare un nuovo governo di unità nazionale assieme agli arcirivali di Tripoli, è soltanto contro i nomi presentati. Quindi c’è più spazio per i negoziati e meno spazio per continuare la guerra, è questo non era così scontato.
Il secondo punto è che tutto si gioca sulla sorte del generale Khalifa Haftar, uomo forte di Tobruk che comanda l’esercito. Metà della Libia lo detesta e per questo non è stato fatto capo della Difesa. Lui ha chiesto ai suoi di far emendare l’articolo 8 della Costituzione, che per ora mette a capo dell’esercito il cosiddetto Consiglio presidenziale e non un singolo commander in chief (che nella testa di Haftar ha un’identità ben precisa: lui). Haftar insomma vuole la Difesa e su questo potrebbe far fallire i negoziati, anche se una delegazione italiana è andata venerdì a convincerlo – e così starebbe facendo un suo grande sponsor, il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi.
Il terzo punto riguarda l’intervento militare internazionale in Libia. Se i libici non si metteranno d’accordo non formeranno un governo di unità nazionale, e senza governo non ci può essere l’invito formale a cominciare operazioni militari contro lo Stato islamico (che intanto sta approfittando dell’incertezza generale per assaltare i pozzi di petrolio e danneggiare le infrastrutture nel golfo di Sidra).
I preparativi per operazioni militari in Libia sono in fase avanzata, ha detto il capo di stato maggiore americano, il generale Joseph Dunfrod, che parla di “poche settimane” per il via.
[**Video_box_2**]L’Amministrazione Obama si coordina con il governo italiano per pianificare l’intervento militare in Libia, dicono a Vincenzo Nigro di Repubblica “fonti vicine al presidente del Consiglio”. Scrive Nigro: “Ogni azione degli americani è concordata con noi. La sintesi che arriva da Palazzo Chigi dopo la notizia dell’accelerazione dei piani d’attacco Usa in Libia svela la sostanza del patto. L’Italia è pronta ad azioni militari: se sarà necessario, agiremo con i nostri alleati, su richiesta del governo di Tripoli”. E lascia intravedere anche altre possibilità: “Il livello di minaccia militare dell’Isis in Libia ha raggiunto una pericolosità insostenibile, tanto da spingere il premier Renzi a lasciarsi le mani libere per diversi scenari”. Questa aggiunta finale a proposito delle “mani libere per diversi scenari” potrebbe voler dire che ci sono almeno due piani di intervento militare, e uno è slegato da un invito ufficiale del governo di Tripoli, se la politica libica si prenderà tempi troppo lunghi per la riconciliazione nazionale. La nascita di un governo di accordo nazionale è per ora considerata il piano A, la condizione necessaria per qualsiasi mossa.
L'editoriale del direttore