Khalifa Haftar

Libia, cosa vuol dire il no a Tobruk per l'Italia

Daniele Raineri
Il Parlamento di Tobruk oggi ha votato contro la lista di 32 ministri che dovrebbe formare il cosiddetto governo di accordo nazionale in Libia e ha chiesto una lista più breve, di 17 ministri, entro dieci giorni. Ecco quali sono le conseguenze

Il Parlamento di Tobruk oggi ha votato contro la lista di 32 ministri che dovrebbe formare il cosiddetto governo di accordo nazionale in Libia e ha chiesto una lista più breve, di 17 ministri, entro dieci giorni. Il voto vuol dire tre cose. La prima è che il Parlamento di Tobruk non è contro a prescindere all’idea di formare un nuovo governo di unità nazionale assieme agli arcirivali di Tripoli, è soltanto contro i nomi presentati. Quindi c’è più spazio per i negoziati e meno spazio per continuare la guerra, è questo non era così scontato.

 

Il secondo punto è che tutto si gioca sulla sorte del generale Khalifa Haftar, uomo forte di Tobruk che comanda l’esercito. Metà della Libia lo detesta e per questo non è stato fatto capo della Difesa. Lui ha chiesto ai suoi di far emendare l’articolo 8 della Costituzione, che per ora mette a capo dell’esercito il cosiddetto Consiglio presidenziale e non un singolo commander in chief (che nella testa di Haftar ha un’identità ben precisa: lui). Haftar insomma vuole la Difesa e su questo potrebbe far fallire i negoziati, anche se una delegazione italiana è andata venerdì a convincerlo – e così starebbe facendo un suo grande sponsor, il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi.

 

Il terzo punto riguarda l’intervento militare internazionale in Libia. Se i libici non si metteranno d’accordo non formeranno un governo di unità nazionale, e senza governo non ci può essere l’invito formale a cominciare operazioni militari contro lo Stato islamico (che intanto sta approfittando dell’incertezza generale per assaltare i pozzi di petrolio e danneggiare le infrastrutture nel golfo di Sidra).

 

I preparativi per operazioni militari in Libia sono in fase avanzata, ha detto il capo di stato maggiore americano, il generale Joseph Dunfrod, che parla di “poche settimane” per il via.  

 

[**Video_box_2**]L’Amministrazione Obama si coordina con il governo italiano per pianificare l’intervento militare in Libia, dicono a Vincenzo Nigro di Repubblica “fonti vicine al presidente del Consiglio”. Scrive Nigro:  “Ogni azione degli americani è concordata con noi. La sintesi che arriva da Palazzo Chigi dopo la notizia dell’accelerazione dei piani d’attacco Usa in Libia svela la sostanza del patto. L’Italia è pronta ad azioni militari: se sarà necessario, agiremo con i nostri alleati, su richiesta del governo di Tripoli”. E lascia intravedere anche altre possibilità: “Il livello di minaccia militare dell’Isis in Libia ha raggiunto una pericolosità insostenibile, tanto da spingere il premier Renzi a lasciarsi le mani libere per diversi scenari”. Questa aggiunta finale a proposito delle “mani libere per diversi scenari” potrebbe voler dire che ci sono almeno due piani di intervento militare, e uno è slegato da un invito ufficiale del governo di Tripoli, se la politica libica si prenderà tempi troppo lunghi per la riconciliazione nazionale. La nascita di un governo di accordo nazionale è per ora considerata il piano A, la condizione necessaria per qualsiasi mossa.

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  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)