Il cecchino di Sirte
A partire dal 14 gennaio, tre leader dello Stato islamico sono stati uccisi da uno o più cecchini a Sirte – che in questo momento è una città quasi isolata dal resto del mondo, perché il gruppo estremista ha tagliato telefoni e internet. Il 14 gennaio è stato ucciso Abu Anas il sudanese, davanti a una clinica vicino al lungo mare. Il 19 è stato colpito alla testa Abu Muhammad al Dernawi, un leader che faceva la spola tra Sirte e Bin Jawad, ultima conquista dello Stato islamico in Libia – per alcuni è stato ucciso mentre passava in automobile vicino all’ingresso est della città. Il 24 è stato ucciso Abdallah Hamad al Ansari (al Ansari vuol dire: del posto, quindi in questo caso libico, e lui era di Uburi, nel sud), un capo che come al Dernawi prima di passare allo Stato islamico faceva parte di Ansar al Sharia. Sparare a uomini dello Stato islamico in una piccola città molto controllata come Sirte è un esercizio di virtuosismo militare o un azzardo mortale, perché il rischio di essere scoperti è elevatissimo.
Le notizie che filtrano dall’interno della città parlano di battute di caccia al cecchino, controlli dentro agli appartamenti, posti di blocco. Guardando i posti dove ha sparato, si vede che sono distanti tra loro, per non restringere le ricerche a una sola zona, e che sono vicini al limitare dell’abitato, come a garantirsi una via di fuga. I social media libici impazzano, attribuendo al cecchino di Sirte ogni sorta di identità, per esempio: ex membro delle forze speciali e ogni genere di performance eccezionale, come l’abbattimento di trenta uomini dello Stato islamico. A luglio a Sirte i clan locali tentarono una rivolta armata, repressa con brutalità.
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