Le ragioni dell'opposizione che ora monta alla destra della cancelliera. Parla Von Storch, zarina dell'AfD
Berlino. Da circa una settimana c’è un nome che imperversa sulle prime pagine dei principali quotidiani tedeschi. E’ quello di Beatrix von Storch, parlamentare europea nelle file dell’AfD (Alternative für Deutschland), sotto accusa da parte della stampa per aver teorizzato una fuga della Cancelliera tedesca in sud America prima della fine del mandato.
Secondo von Storch, a causa della sua crescente impopolarità, Angela Merkel dovrà presto lasciare la Germania “per motivi di sicurezza” e rifugiarsi in Cile o in Paraguay, come prima di lei fecero molti gerarchi nazisti. “La crisi dei rifugiati – ha scandito la quarantacinquenne berlinese nel salotto del noto talk-show televisivo Anne Will – è la più grave crisi dal dopoguerra a oggi e la signora Merkel ne è responsabile”. Apriti cielo! Da giorni, l’opinione pubblica ironizza sull’apparizione televisiva di von Storch e sulla sua battuta circa l’esilio di Angela Merkel, ma non sembra invece volersi confrontare con gli argomenti concreti avanzati dalla politica conservatrice durante la trasmissione.
Raggiunta dal Foglio, la deputata europea lamenta “il moralismo dei media tedeschi, per cui ogni critica alla cancelliera è considerata come lesa maestà. Il sistema radiotelevisivo pubblico cerca in genere di ridimensionare le critiche al governo federale e il partito socialdemocratico possiede un impero mediatico di giornali e riviste”. Contro la cancelliera e la sua politica delle porte aperte ribadisce la linea dura: “I selfie della cancelliera con i rifugiati appena arrivati sul suolo tedesco sono serviti come richiamo per il nostro paese in tutto il mondo. Ma l’arrivo di un milione di persone ha reso la situazione insostenibile. I fatti di Colonia hanno esasperato molte persone, gli applausi di benvenuto nelle stazioni sono solo un ricordo. A differenza dell’eurocrisi, i cittadini di ogni comune tedesco percepiscono quotidianamente le conseguenze di questa politica”. Che fare dunque? “La Costituzione e la legge stabiliscono già oggi espressamente che la richiesta di asilo possa essere respinta dalle autorità qualora il richiedente provenga da uno stato considerato sicuro dalla Repubblica federale. A questo proposito, quindi, non c'è bisogno di nessun tetto agli ingressi, come richiesto dal partito cristiano-sociale”, chiarisce von Storch. Poi spiega: “Il problema però è che il quadro legislativo attuale è stato modificato dalla cancelliera attraverso un regolamento del ministero degli Interni”. Di questo regolamento ha parlato innanzitutto il tabloid nazional-popolare Bild, poi il 21 gennaio scorso anche la conservatrice Frankfurter Allgemeine Zeitung, manifestando forti perplessità. Si tratterebbe in effetti di un atto con il quale la norma sopra ricordata è stata privata di efficacia, autorizzando così di fatto e di diritto alla concessione della domanda di asilo per tutti, anche per cittadini provenienti da stati terzi in cui non regna la guerra civile. E’ evidente, tuttavia, che una soluzione nazionale non basta: “Se rifiutiamo la richiesta di asilo il problema si ripresenterà nella vicina Austria e così via, scatenando un effetto domino sino alla Grecia, un paese che oggi non è in grado di controllare i propri confini. Per salvare Schengen, dobbiamo essere in grado di controllare in modo efficace i nostri confini esterni. A questo proposito abbiamo bisogno, per così dire, di una soluzione australiana per l’Ue. Ecco perché noi dell’AfD chiediamo che le richieste di asilo possano essere presentate soltanto al di fuori dell’Unione europea, ad esempio in alcuni centri particolari in Africa. Bisognerà riportare laggiù tutti coloro che raggiungono illegalmente l’Ue o che vengono bloccati in alto mare”, conclude von Storch. A oggi però la proposta del partito alla destra della Cdu/Csu è osteggiato dalla maggioranza di governo rosso-nera che teme che i centri di accoglienza possano trasformarsi in campi dove non sarebbe garantito uno standard sufficiente di protezione dei diritti umani.
L'editoriale dell'elefantino