L'altro girl power
Milano. In New Hampshire i giovani sono pochi – stato ricco che invecchia – e questo, per Hillary Clinton, potrebbe essere un vantaggio: i ragazzi adorano il suo rivale, Bernie Sanders, “feeling the Bern” è la descrizione del loro amore, ma se sono pochi pesano meno. Però la candidata democratica alle presidenziali ha un altro problema, più grave perché è lo stesso da 25 anni, non si è mai smussato: le donne. In Iowa le ragazze hanno votato più per Sanders che per Hillary, il rapporto è quasi 6 a 1, molto più di quanto abbiano fatto i ragazzi. Per trovare un consenso solido per Hillary bisogna arrivare alla classe di età oltre i quarant’anni, perché anche le trentenni hanno sentimenti contrastanti. Lo sa bene Lena Dunham, ragazza prodigio della tv americana, autrice e interprete di “Girls” e ora geniale creatrice di un sito di attualità e cultura pensato per le donne (Lenny), che prima del voto in Iowa s’è infilata un vestito corto con le scritte “Hillary” ed è andata tra i campi dello stato del mid-west a fare campagna per lei. Dunham che fa video in cui fa dire a donne dello spettacolo semplicemente “I’m with her”, tanto è chiaro di chi parla, è quasi un’eccezione, le ragazze della sua età non sono altrettanto appassionate: Hillary è capace, il realismo tutto femminile della ex first lady è percepibile e percepito, ma il cuore?, e il futuro? Una maestra del New Hampshire di 28 anni ha rilasciato al Los Angeles Times una dichiarazione chiara e brutale: “Mi entusiasma l’idea che in futuro avremo un presidente donna, ma penso che Hillary non sia quella persona per questa generazione”.
Lo staff di Hillary ha a lungo sperato di poter allargare la coalizione elettorale vincente di Barack Obama convincendo più donne a votare. Ma secondo le rilevazioni, negli ultimi sei mesi il consenso per l’unica candidata donna della corsa è sceso proprio nell’elettorato femminile. Il femminismo, che pure ha sempre avuto un rapporto complicato con Hillary, non c’entra granché: le millennial sono considerate ben più femministe di molte altre generazioni, solo che vivono il “gender gap” in modo molto diverso rispetto a quanto hanno fatto le loro mamme e le loro nonne. Per queste ragazze avere una donna presidente è meno importante di avere un presidente che non sia prono a Wall Street, per esempio. E certamente sono contrarie allo status quo, per questo preferiscono all’emblema più nitido e completo del “girl power” che sia dato nella corsa alla Casa Bianca un uomo settantaquattrenne socialista. Per Hillary la difficoltà, in generale, è quella di rivendersi come un agente di cambiamento, e in particolare di farlo presso le ragazze.
[**Video_box_2**]Nel 2008, anno tragico per lei, Hillary decise inizialmente di non fare della questione “sono una donna” materia elettorale, ma dopo la sconfitta in Iowa virò verso le lacrime e i problemi che le donne hanno quando esigono un trattamento simile a quello riservato ai maschi – fu l’inizio del declino. Per questa campagna, Hillary ha invece puntato subito sul “girl power”: nel suo staff ci sono tante donne (la prima è la splendida e sfortunata Huma Abedin), le giornaliste che seguono la sua corsa sono per la stragrande maggioranza donne (qualche mese fa si misero tutte assieme e fecero una foto), gran parte della retorica elettorale si fonda sul suo ruolo rassicurante di donna competente, che ha combattuto tanto, che è rimasta in piedi quando chiunque sarebbe caduto – indomabile. Ma per le donne ancora non basta, e non soltanto per le ragazze. Gail Sheehy, che ha scritto nel 1999 una bella biografia di Hillary, ha raccontato sul New York Times come sia rimasta colpita quando, a un incontro di donne organizzato dalla rivista radical The Nation, una signora le si è avvicinata dicendo: “Non c’è niente di più sessista che dire che Hillary deve vincere perché è donna”. L’età media era oltre i 50 anni, e per il 70 per cento tutte “felt the Bern”.