Le mille versioni francesi della guerra in Libia
Parigi. Parlare di una "stratégie" francese, al singolare, sulla questione libica, è pressoché impossibile. Si può parlare di strategie, al plurale, di "piani per un'offensiva", come ha scritto il Figaro nell'ultimo articolo che racconta i movimenti di Parigi (i movimenti della Difesa, anzitutto, e del ministro va-t-en-guerre Jean-Yves Le Drian), e non si può non constatare che a Parigi regna molta confusione. Le versioni sulle intenzioni francesi in Libia divergono di ministero in ministero. Al Quai d'Orsay, sede del ministero degli Esteri, Laurent Fabius ripete che la priorità è la creazione di un governo di unità nazionale e che di intervenire contro lo Stato islamico in Libia non è nei piani di Parigi, nonostante alcuni pezzi molti informati, come quello del Figaro di cui sopra, confermino il contrario. A Roma, a margine della riunione dello "small group" della coalizione anti-Isis, Fabius ha dichiarato che un'operazione militare in Libia contro lo Stato islamico, con l'aviazione e le forze speciali embedded con i battaglioni libici (quanto evocato dal Figaro) è "assolutamente da escludere", "andiamo nella stessa direzione dell'Italia", ha aggiunto.
Alla domanda di un giornalista che gli ha citato il pezzo di Alain Barluet del Figaro (lo stesso, già a dicembre, citando fonti della Difesa, raccontava come a Parigi fosse ritenuto "urgente" intervenire in Libia per contenere l'avanzata jihadista), Fabius ha risposto frettolosamente e con un malcelato fastidio: "Non so da che fonte proviene", prima di aggiungere che un "piccolo gruppo fa pressione, ma non è la posizione del governo". In realtà "non è la posizione" del Quai d'Orsay, perché a Balard, zona in cui è situato il nuovo superministero della Difesa, Jean-Yves Le Drian vorrebbe invece bruciare le tappe e se potesse interverrebbe militarmente in Libia già questa sera. Non è un caso che le fonti citate dal Figaro, circa i piani sottobanco di Parigi sulla Libia, provengano tutte dalla Difesa. Era il 9 settembre del 2014, quando Le Drian, in un'intervista al Figaro, già premeva per "agire in Libia". Da quel momento in poi, l'artefice di tutte le operazioni in Africa della Francia sotto Hollande, dal Mali all'opération Barkhane nel Sahel, ha moltiplicato i moniti e le dichiarazioni che vanno nella direzione di un intervento militare. L'ultima risale alla scorsa settimana: “Siamo consapevoli del rischio che il conflitto nel Levante (Siria e Iraq, ndr), dove stiamo iniziando a vedere alcuni risultati positivi, possa trasferirsi in Libia”, ha avvertito Le Drian, sottolinenado il rischio di infiltrazioni jihadiste tra i profughi che sbarcano a Lampedusa e provengono dalla Libia.
[**Video_box_2**]Dietro le posizioni divergenti tra il Quai d'Orsay e il ministero della Difesa sulla Libia, c'è la grande rivalità tra Fabius e Le Drian, la "sintesi impossibile" che il sito Mondafrique, uno dei siti francesi più informati in politica estera diretto dall'ex giornalista del Monde Nicolas Beau, ha raccontato nei dettagli lo scorso anno: da una parte le Drian e la sua "feroce volontà" di intervenire militarmente in Libia, dall'altra Fabius, "partigiano di una soluzione politica". Ieri ad aumentare le incognite sulle reali intenzioni dei francesi, sono arrivate le dichiarazioni del portavoce del governo socialista, Stephane Le Foll, che non ha escluso la possibilità di un intervento militare delle truppe francesi in Libia, smentendo de facto il capo della diplomazia Fabius. Insomma, c'è qualcuno che non ce la racconta giusta in questa guerra segreta, o meglio negata dai piani alti della politica, nonostante i principali osservatori dicano che sia questioni di settimane, se non di giorni.
L'editoriale del direttore