Così fallisce il Venezuela, tra complotti del dentifricio e appelli alla Fao
Milano. A Caracas sono abituati a un governo che denuncia cospirazioni un giorno sì e l’altro pure, ma il complotto del dentifricio non si era mai sentito. Il Venezuela si trova di fronte a un collasso economico di proporzioni epocali, che rischia di trasformare una crisi economica in un’emergenza umanitaria. Il Fondo monetario internazionale parla di una contrazione del pil di circa il 10 per cento e di un’inflazione fuori controllo, che per quest’anno dovrebbe raggiungere il 720 per cento. Tutto questo mentre il prezzo del petrolio, su cui si basa l’economia venezuelana e che conta per oltre il 95 per cento dell’export, è crollato ai minimi e la produzione petrolifera si è contratta di un quarto dall’avvento del chavismo. Insomma, il Socialismo del XXI secolo instaurato da Hugo Chávez e proseguito dal suo delfino Nicolás Maduro ha finito la benzina persino nel paese con le più grandi riserve petrolifere al mondo. I mercati sono ormai persuasi del fatto che Caracas sia a un passo dal default formale, mentre la bancarotta sostanziale sia economica che politica è evidente nelle lunghe file davanti ai negozi e negli assalti ai supermercati a causa della mancanza cronica di beni essenziali, dalle medicine al cibo passando per i prodotti igienici.
Naturalmente il regime fa fatica a prendere atto della realtà, anche dopo la sconfitta alle lezioni parlamentari di dicembre che hanno dato una maggioranza dei due terzi all’opposizione, e dà la colpa a una fantomatica “guerra economica” scatenata contro il chavismo dall’imperialismo (americano) e dalle forze neoliberiste. Se le cose vanno male è colpa di contrabbandieri, accaparratori, borghesi controrivoluzionari e multinazionali. Persino la scarsità di dentifricio per il ministro della Salute Luisana Melo fa parte del complotto: “Ricordate la pubblicità di Colgate che diceva prima di andare a letto di fare chiqui-chiqui-chiqui? Bene, questa è una campagna che fa parte della “guerra economica” ed è per questo che oggi la gente non trova il dentifricio”. In pratica il problema non è che manca il dentifricio, ma che i venezuelani si lavano troppe volte i denti, tre volte al giorno come suggeriscono le multinazionali, mentre “una volta è più che sufficiente”. Lavarsi i denti così spesso è un’abitudine inculcata dal capitalismo selvaggio per spingere il proletariato verso il consumismo estremo, mentre evidentemente la fiatella è un chiaro segno distintivo dei patrioti socialisti.
Naturalmente la propaganda governativa non ha alcun senso, non si comprende perché un’impresa dovrebbe investire tanti soldi per pubblicizzare un prodotto che la popolazione non può acquistare perché assente sugli scaffali. La controprova è il fatto che il gruppo Colgate-Palmolive ha registrato perdite per la prima volta in 10 anni proprio a causa di una svalutazione di oltre 1 miliardo di dollari delle proprie attività in Venezuela.
[**Video_box_2**]Ma il problema vero dei venezuelani, prima di lavarseli, riguarda cosa mettere sotto i denti, visto che il cibo è diventato costosissimo quando non introvabile. Per tentare di mettere mano al disastro economico il presidente Nicolás Maduro ha chiesto aiuto alla Fao (l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura), chiedendo un argine all’emergenza alimentare: “Chiedo tutto il sostegno della Fao per sviluppare i progetti produttivi del nuovo Venezuela”. La cosa paradossale è che proprio la Fao pochi mesi fa, con una scelta surreale già contestata dal Foglio, aveva premiato il Venezuela come “esempio per il mondo” per i suoi successi nella lotta contro la fame e la povertà. Il rappresentante della Fao Marcelo Resende aveva elogiato i risultati del modello socialista bolivariano: “Non c’è una politica di redistribuzione del reddito migliore di questa”.
Per trovare qualcosa sugli scaffali, dentifrici compresi, oltre che dalle decisioni sconsiderate del governo, i venezuelani dovranno difendersi anche dai consigli della Fao.
L'editoriale del direttore