Che c'azzecca la Nato con i migranti? Intanto si occupa del “playbook” antirusso
Milano. In viaggio verso il vertice della Nato, iniziato mercoledì a Bruxelles, il segretario alla Difesa americano, Ash Carter, ha detto che gli Stati Uniti stanno facendo un grande investimento nell’Alleanza atlantica, stanno definendo un nuovo “playbook” che ha molto a che fare con la Russia, e si aspettano che questi propositi trovino “un’eco positiva” tra gli altri partner. All’ordine del giorno c’è la guerra allo Stato islamico, il contenimento dell’aggressività russa e la crisi dei migranti. Carter pretende maggiore collaborazione nella guerra allo Stato islamico e, parallelamente, ha istituito un programma per rafforzare il confine est della Nato in Europa, stanziando 3,4 miliardi di dollari per formazione militare ed esercitazioni nella regione: “Che ci sia un’aggressione palese o un’azione di guerriglia cosiddetta ibrida, la Nato si porrà come una forza di deterrenza”, ha detto Carter.
I ministri della Difesa dell’Alleanza hanno approvato la missione multilaterale, il Regno Unito ha annunciato di voler inviare cinque navi nel mar Baltico (è la prima volta che Londra partecipa a una missione navale permanente della Nato) e di voler contribuire alla nuova forza dell’Alleanza – circa seimila uomini – che stazionerà a turno nei sei paesi europei che confinano con la Russia. Il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, ha detto che la Nato, come al solito, gonfia “in modo esagerato” la minaccia russa, ma nell’ultima settimana, da quando le forze di Mosca sostengono militarmente la campagna del regime di Damasco ad Aleppo, le tensioni con Washington sono tornate alte. Come ha spiegato Robbie Gramer su Foreign Affairs, esiste un legame diretto tra l’est europeo e la guerra in Siria. La Crimea, annessa dalla Russia con un referendum che non è stato riconsciuto a livello internazionale, è un passaggio logistico cruciale per le operazioni in Siria. Per questo, spiega Gramer, la Crimea può diventare “un enorme bastione militarizzato che la Russia può utilizzare per impedire alla Nato di operare in tutta la regione”.
[**Video_box_2**]C’è poi la crisi dei migranti, che preoccupa prevalentemente i membri europei dell’Alleanza. La possibilità di coinvolgere l’Alleanza è stata introdotta – in modo poco ortodosso e unilaterale, si lamentano molti a Bruxelles – dalla cancelliera tedesca, Angela Merkel, e dal presidente turco, Recep Tayyip Erdogan. Incontrandosi lunedì i due hanno ventilato la possibilità che la Nato organizzi una missione di pattugliamento sul confine con la Siria e nel mare Mediterraneo, per “monitorare” il flusso di migranti che, in fuga dalla Siria, cerca di raggiungere l’Europa. La Commissione dell’Ue ha chiesto alla Grecia e all’Italia di fare di più per controllare i confini, e questa mossa è stata interpretata come un passo indietro da parte di Bruxelles: quella che era un’emergenza da combattere tutti insieme torna a essere un problema per lo più per i paesi del sud della frontiera. La proposta di Merkel invece è stata letta da molti come un “atto disperato” di una cancelliera messa sotto pressione per la sua politica aperturista nei confronti dei migranti, consapevole dell’incapacità della Turchia di gestire la crisi, nonostante i fondi stanziati dall’Ue in cambio di collaborazione. Fonti di Politico Europe dicono che i greci, in particolare, sono “furiosi” per l’iniziativa tedesco-turca (il premier Alexis Tsipras ha precisato che, se mai ci sarà una missione del genere della Nato, riguarderà soltanto le acque turche), mentre l’ambasciatore americano presso l’Alleanza, Douglas Lute, non ha escluso un aiuto alla crisi dei migranti, ma ha sottolineato che questa emergenza è prevalentemente una responsabilità dell’Unione europea. Così di fronte a un nuovo “playbook” per gestire i rapporti con Mosca e a un possibile intervento per i rifugiati, molti si interrogano sul ruolo che la Nato deve avere di fronte a minacce multiple e asimmetriche. Anche se non sarebbe la prima volta che l’Alleanza si occupa di missioni umanitarie.