“Argomenti simili al 1933”
“Oggi nell'Unione europea si respira l'aria Weimar”. J'accuse di Harold James
Roma. “De te fabula narratur”. E’ di te che si parla in questa favola, sembra dire Harold James all’Unione europea gettando lo sguardo su Weimar. La prima Repubblica tedesca che, tra inflazione, opposti estremismi e vertigine del ballo, venne drammaticamente smantellata dall’ascesa di Hitler. Quella Repubblica che rappresenta un enigma culturale, la “culla del moderno”, il capolavoro di democrazia-teorica dedita a un pacifismo mutilato, la faglia fra umanesimo e irrazionalismo. In Weimar c’è tutto secondo James: “L’avanguardia della cultura, i bruschi cambiamenti della morale, il riformismo politico, il primo welfare altamente sviluppato. E la pregnanza di una sventura imminente”. E’ il primo caso di “vita e morte di una società permissiva” secondo Walter Laqueur. Harold James, lo storico a cui Mario Draghi ha aperto gli archivi della Banca centrale europea, docente a Princeton, intellettuale liberal di rango e massimo studioso dell’integrazione europea, ha scritto un saggio dal titolo “Gli ebrei europei hanno buone ragioni per essere preoccupati”. “L’Unione europea oggi è una sorta di replica di Weimar con la sua perfezione istituzionale e le forze violente che vogliono abbattere il ‘sistema’”, scrive James.
“Se la Costituzione tedesca, scritta a Weimar, è stata considerata come un modello di documento, il sogno costituzionale sembrava scollegato dalla vita pubblica”. Come allora, scrive James, “oggi l’establishment cerca di rassicurare gli ebrei con argomenti simili a quelli del 1933. Le istituzioni politiche di Weimar erano abilmente progettate per essere le più rappresentative possibile. La maggior parte dei tedeschi vedeva la loro società come straordinariamente tollerante. E gli ebrei tedeschi vivevano in una società inclusiva”. Questo equivoco, continua James, si estese perfino dopo che Hitler divenne cancelliere. “Fino all’aprile 1933, quando il regime ha lanciato un ‘boicottaggio’ degli ebrei” (echi nella marchiatura dell’Unione europea dei prodotti israeliani?). Oggi, al posto del nazismo, scrive James, “le minacce più violente provengono dal terrorismo islamico, da gruppi affiliati o che imitano lo Stato islamico”. Secondo James, che pure è per le frontiere aperte, c’è da temere per l’immigrazione massiccia incontrollata: “Testi antisemiti come il ‘Mein Kampf’ o i ‘Protocolli dei Savi di Sion’ sono ampiamente disponibili nei paesi da cui i migranti provengono e l’antisemitismo, di solito legato all’antisraelismo, è un ingrediente naturale del milieu sociale e culturale di chi si sta muovendo verso l’Europa”.
[**Video_box_2**]Nel 2016 altri 10 mila ebrei francesi in fuga
Mentre James licenziava questo saggio, da Israele giungeva la notizia che lo stato ebraico prevede l’arrivo di altri diecimila ebrei francesi nel 2016, dopo i diecimila arrivati già nel 2015. Arielle Di Porto, responsabile immigrazione dell’Agenzia ebraica, parla anche di un venticinque per cento in più di partenze dal Belgio. Il paragone di James fra la Ue e Weimar è seducente anche per quanto riguarda una certa stampa. Come il quotidiano spagnolo Jueves, sul quale è appena uscita una striscia di fumetti in cui si legge di una Torah realizzata con la pelle umana, di un soldato israeliano che urina in bocca a un palestinese e Gesù molestato dagli ebrei. “Queste vignette potevano essere pubblicate dallo Stürmer e nessuno avrebbe notato la differenza”, ha detto il capo della comunità ebraica di Madrid, David Hatchwell.
Dietro i grugni maialeschi di George Grosz e i suoi grassi borghesi, le loro lingue canine che paiono risucchiare l’universo, si affacciò il terrore nazista. Allora si disse “senza gli ebrei non ci sarebbe Weimar”. Oggi un primo ministro francese rassicura: “Senza gli ebrei non ci sarebbe la Francia”. Ma anche allora, la fragile Repubblica parlamentare votata all’ordinata convivenza divenne miope e vulnerabile ai pericoli.