Disastri incrociati
Gli alleati dell'America in Siria si sparano. Assadisti bombardano tre ospedali
Roma. Il gruppo armato siriano Failaq al Sham (vuol dire: “La legione siriana”) ha perso la battaglia contro il gruppo “Forze siriane democratiche” per il possesso della città di Tal Rifat, a nord di Aleppo. Il primo è sulla lista delle fazioni che l’anno scorso sono state “vetted”, quindi vagliate e approvate, dall’Amministrazione americana per ricevere i missili controcarro Tow, che tanti danni infliggono alle forze del presidente Bashar el Assad. Ci sono tre video recenti, girati tra il 9 e il 12 febbraio e poi caricati su YouTube, che mostrano “i legionari” sparare quel tipo di missile che è senza dubbio fatto arrivare da fuori – se ricevono i Tow, vuol dire che Washington li considera affidabili e impermeabili alle tentazioni estremiste.
L’altro gruppo, le “Forze siriane democratiche”, è una coalizione di arabi che combatte assieme ai curdi, riceve rifornimenti di armi e munizioni dall’America – e anche copertura aerea, quando serve – e ha come obiettivo prendere la città di Raqqa, capitale siriana dello Stato islamico (è una creatura recente, del 2015, con un nome da ufficio marketing). Nei piani dell’America queste Forze siriane democratiche saranno alla testa dell’offensiva antiterrorismo contro Raqqa, e per questo più a est, in un’altra parte della Siria, ci sono almeno 50 uomini delle Forze speciali americane embedded con loro. Eppure, come spesso accade nelle anse del conflitto siriano, la politica estera dell’Amministrazione americana è in rotta di collisione con se stessa. La fazione che dovrebbe muovere guerra allo Stato islamico avanza invece e per ora contro i gruppi che stavano già resistendo a un’altra offensiva, quella dei combattenti pro-Assad a nord di Aleppo. Assieme alla Forze siriane democratiche ci sono i curdi dell’Unità di protezione popolare, conosciuta come Ypg. Dall’altra parte, assieme ai gruppi “vetted” ci sono anche estremisti, come gli uomini di Jabhat al Nusra (al Qaida in Siria). In definitiva: curdi e arabi combattono a Tal Rifat contro jihadisti e non jihadisti. E questo non è che un esempio della frammentazione, tinta di panico dal lato degli oppositori del presidente siriano, delle linee del fronte, o meglio ancora dei fronti nel nord della Siria.
Il luogo di questa battaglia è il cosiddetto corridoio di Azaz, che da Aleppo portava verso nord fino al confine con la Turchia. Si percorre in meno di un’ora in macchina, in tempo di pace. Nel corridoio ci sono due cittadine, Tal Rifat, più vicina ad Aleppo, e Azaz, a ridosso del confine turco. Due settimane fa gli assadisti hanno bloccato il fondo del corridoio, a sud, e questo vuol dire che non si arriva più ad Aleppo. Adesso curdi e Forze siriane democratiche minacciano di tagliarlo a metà, tra Tal Rifat e Azaz. Se ci riuscissero, creerebbero due segmenti più piccoli, di cui avere ragione con più facilità.
[**Video_box_2**]Il governo turco guarda con orrore l’avanzata dei curdi verso il confine. Fino a un mese fa potevano con discrezione mandare rifornimenti ai gruppi ribelli fino ad Aleppo, poi quella strada è stata tagliata (c’è ancora una linea di collegamento tra Turchia e ribelli di Aleppo, passa altrove, è più lunga, chissà quanto reggerà a questo ritmo di sconfitte). Ora i turchi vedono i curdi arrivare a ridosso del confine anche in quella zona e ieri il primo ministro Ahmet Davutoglu ha avvertito: “Non permetteremo mai che Azaz cada in mano loro”. L’artiglieria turca per il terzo giorno ha bombardato le postazioni curde.
Sull’altro versante della guerra, di chi sta con Assad, l’aviazione russa è accusata di aver bombardato con attacchi deliberati tre ospedali siriani, incluso uno di Medici senza frontiere, e altri obiettivi civili – le bombe hanno fatto 50 morti secondo fonti dell’Onu. Se non sono stati i russi, come sostengono testimoni citati da Reuters, allora sono stati aerei del governo siriano. Lo scopo di entrambi, russi e siriani, è cacciare la popolazione che appoggia l’opposizione e svuotare le zone controllate dai ribelli. E’ uno schema applicato con efficienza spregiudicata, tanto che ieri la Cancelliera tedesca Angela Merkel si è detta per la prima volta a favore di una zona interdetta ai voli, dove i civili siriani possano trovare riparo dalle bombe.