America e Francia non aspettano, ecco le attività militari in Libia
Roma. In questi giorni circolano rumors a proposito di operazioni militari già in corso in Libia, da parte soprattutto di America (anche da basi in Italia) e Francia. Due giorni fa c’è stato un secondo bombardamento a Sabratha, questa volta contro una barca che stava spostando alcuni uomini dello Stato islamico – dopo il primo bombardamento di venerdì scorso contro una loro base nella stessa zona (la notizia di questo secondo bombardamento viene da Asset News, una compagnia specializzata in questo genere di informazioni meno accessibili ai grandi media). Il giornalista specializzato in questioni militari Babak Taghvaee fa notare che questi bombardamenti avvengono sempre alla presenza di un aereo-spia identificabile con la sigla N351DY che appartiene alla Acorn Growth Companies, una ditta americana che lavora per il Pentagono e da tempo fornisce intelligence dall’alto e sorveglianza aerea. L’aereo spia si muove tra la Sicilia e la costa della Libia. Due giorni fa ha sorvolato la zona prima del bombardamento contro la barca. Tre giorni fa ha percorso la rotta da Tripoli alla Sicilia: stava trasportando una squadra di Forze speciali che ha guidato da terra il bombardamento di venerdì notte illuminando il bersaglio con un laser, ipotizza il giornalista. Quell’aereo americano era già conosciuto perché nel marzo 2015 dopo l’attentato al museo del Bardo aveva aiutato i militari tunisini a dare la caccia a un gruppo di presunti colpevoli sulle montagne nella zona centrale del paese, decollando dall’isola di Pantelleria. Due siti specializzati nel seguire le tracce che gli aerei lasciano sui radar quando non spengono i transponder di bordo ne avevano notato la sigla (a volte capita anche ai velivoli militari impegnati in missioni discrete). Non sfugge che il raid di Sabratha aveva come bersaglio Nureddin Chouchane, un capo tunisino dello Stato islamico che era considerato l’organizzatore dell’attentato del Bardo – e quindi la stessa sigla potrebbe essere legata a una lunga missione cominciata dopo l’attentato.
Un altro giornalista specializzato, il francese Jean-Marc Tanguy, scrive che il 15 febbraio un contingente ridotto di forze speciali francesi è stato inviato con discrezione in Libia orientale, nella base militare di Benina, sotto il controllo del governo di Tobruk. Sui siti libici la notizia dei francesi a Benina è circolata per giorni. Questa squadra avrebbe usato un aereo della Cae Aviation, una compagnia simile a quella citata prima, che offre gli stessi servizi però ai francesi. L’aereo è stato fotografato il 13 febbraio in attesa su una pista dell’aeroporto di Malta (che fa da scalo in questo viavai). Un giornalista di Johannesburg che scrive per la African Defense Review, Darren Olivier, fa notare la presenza sulla stessa rotta di almeno un aereo della Balmoral, una compagnia sudafricana specializzata in voli militari, con contratti in Afghanistan e in Libia. Secondo Taghvaee, gli aerei francesi stanno colpendo bersagli dello Stato islamico a Sirte (l’ultimo un deposito di armi sabato 20 febbraio). Non ci sono conferme ufficiali di questi raid francesi, ma notizie sporadiche a proposito di bombardamenti non identificati contro lo Stato islamico arrivano da gennaio.
[**Video_box_2**]In Libia in questi giorni si parla di un ruolo dell’Italia nel bombardamento americano di venerdì notte contro la casa occupata dallo Stato islamico a Sabratha, a ovest di Tripoli. Almeno una volta al giorno un aereo da ricognizione americano con pilota decolla dall’isola e sorvola la Libia occidentale e nella base di Sigonella ci sono droni americani. Forse però non è sufficiente. A metà gennaio la Difesa italiana ha spostato a Birgi, vicino Trapani, quattro caccia Amx e un drone Predator non armato, per missioni Isr (che vuol dire: raccolta di intelligence e sorveglianza dall’alto). E’ interessante notare che sabato durante la conferenza stampa del Pentagono il portavoce Peter Cook ha detto che “alcuni paesi” hanno collaborato all’operazione, senza specificare quali, ha confermato che c’erano droni e ha detto che quella base dello Stato islamico era tenuta sotto controllo da tempo. “Mesi?”, gli hanno chiesto. “Settimane”, ha risposto, il che potrebbe coincidere con l’inizio dei voli dalla base aerea di Birgi. E’ anche interessante notare che i due F-15 americani che hanno lanciato le bombe sono decollati dalla base Raf di Lakenheath, nel Suffolk inglese, il che vuol dire almeno un’ora di volo dal bersaglio e la necessità di avvertire Gran Bretagna e Francia che un volo armato sta attraversando il loro spazio aereo. Lo stesso era successo nel raid precedente, il 14 novembre, per uccidere il capo dello Stato islamico in Libia, Abul Mughira al Qahtani. Se gli F-15 partissero da una base in Sicilia impiegherebbero soltanto un quarto d’ora, ma ci deve essere un accordo in senso opposto con il governo italiano. Forse, come già facciamo in Iraq, ci occupiamo dell’intelligence e della ricognizione ma non offriamo le piste per i bombardamenti. Il tratto di costa che è stato colpito è assai familiare alle Forze speciali italiane, che a partire dal 2011 vi hanno svolto missioni di ricognizione, anche per la vicinanza con l’impianto del gas a Mellita, controllato da Eni e collegato a Gela in Sicilia.
Secondo un articolo del Wall Street Journal, dopo un anno di negoziati l’Amministrazione Obama ha infine convinto il governo italiano ad autorizzare voli di droni armati dalla base di Sigonella, ma soltanto “per operazioni difensive”, vale a dire per proteggere le squadre delle forze speciali americane impegnate sul terreno in Libia. Quindi non in operazioni di attacco, come quelle di questi giorni, perché, spiegano le fonti del Wsj, la cosa rischia di suscitare polemiche infinite nell’opinione pubblica in Italia e di avere ripercussioni politiche troppo profonde. Fino a un mese fa, i droni erano autorizzati soltanto a compiere voli di ricognizione.
Si dice che l’intervento in Libia arriverà quando ci sarà un nuovo governo di unità capace di chiedere collaborazione militare. Tuttavia, si dice anche che non è possibile aspettare i tempi lunghi della politica libica. E’ possibile che alcuni governi stiano agendo senza aspettare l’invito formale e abbiano scelto di cominciare la guerra contro lo Stato islamico in una forma meno ufficiale, come capita in questi anni di interventi non annunciati e di “uomini in verde” (così si chiamavano le truppe inviate da Mosca che imposero l’annessione della Crimea alla Russia nel 2014).