Di frontiera in frontiera, s'incrina l'Europa
Giovedì a Bruxelles si riuniranno i ministri dell’Interno dell’Unione europea. In agenda ci sono le questioni immigrazione e sicurezza. Martedì il ministro olandese per l’Immigrazione Dijkhoff (per la presidenza di turno dell’Ue) e il commissario europeo all’Immigrazione Avramopoulos, in un comunicato allarmante, dopo uno sfiatato richiamo allo “spirito di solidarietà”, hanno invitato i paesi balcanici a predisporre piani di emergenza per nuovi possibili ingressi. Anche nell’esecutivo italiano, secondo quanto risulta al Foglio, cresce l’apprensione per quanto sta accadendo da settimane nei Balcani riguardo i flussi di persone in entrata nel Vecchio continente. L’annuncio da parte dell’Austria di voler porre un tetto al numero dei rifugiati da accogliere, unito alla più datata chiusura delle frontiere ungheresi, insieme alle difficoltà incontrate dai greci nel sigillare i propri confini, hanno infatti generato un effetto a catena nei paesi geograficamente stretti nel mezzo. Prima la Serbia, poi in queste ore la Macedonia, hanno iniziato anche loro a rifiutare l’ingresso non solo ai migranti economici che negli ultimi mesi si sono incamminati sul sentiero balcanico, ma anche ad alcuni richiedenti asilo (gli afghani in particolare).
La Slovenia e il Montenegro promettono restrizioni simili. Cosa c’entra l’Italia? Guardando una cartina geografica, si comprenderà subito che il flusso in arrivo finora diretto a nord partendo dalla Grecia, specie se questa fosse infine abbandonata a se stessa (martedì Atene lamentava il mancato invito a un vertice operativo convocato dal governo di Vienna con i paesi dell’area), potrebbe infatti essere dirottato sulla confinante Albania. Il governo di Tirana, in pourparler privati con Roma, ha lasciato intendere che – in questo scenario ipotetico – difficilmente potrebbe fermare da solo la partenza di carrette del mare attraverso l’Adriatico. Così il nostro paese, già meta dei viaggi della speranza dalla Libia, si troverebbe un altro fronte da gestire. In primavera, in mancanza di un salto di qualità delle politiche concordate a Bruxelles, prim’ancora che per i disaccordi sulla flessibilità fiscale, l’Europa si potrebbe incrinare definitivamente a causa della non-gestione dell’immigrazione.