“Io, condannata a morte nella Francia dei Lumi”
Roma. “Sei condannata a morte. E’ solo questione di tempo”. Questo messaggio in arabo, rivelato dal settimanale L’Express, è soltanto uno dei tanti ricevuti da Laurence Marchand-Taillade, segretaria del Parti radical de gauche. Da qualche giorno, Marchand-Taillade vive sotto scorta, nascosta dalla gendarmeria francese. Perché lei? Perché ha costretto la Fratellanza musulmana a rinunciare, dietro pressione del ministero dell’Interno, all’invito a tre fondamentalisti islamici per partecipare a un convegno a Lilla. Si tratta del siriano Mohamed Rateb al Nabulsi, il marocchino Abouzaid al Mokrie e il saudita Abdullah Salah Sana’an, i quali ritengono che la “punizione” per l’omosessualità è “la pena di morte”, che la coalizione contro l’Isis è “infedele”, che gli ebrei “distruggono le nazioni” e che solo la musica religiosa è lecita. Era stata lei, Laurence Marchand-Taillade, a pubblicare un articolo sul Figaro in cui chiedeva il bando dei tre islamisti, definiti “un pericolo per la Repubblica” con il loro messaggio “antisemita e pro jihadista”.
Adesso Marchand-Taillade è a colloquio con il Foglio in una intervista esclusiva. E quanto ha da dire mette in discussione l’establishment della laïcité. “Sono presidente di un’associazione che sostiene la laicità nella Val-d’Oise. E da anni osservo rinunce e compromessi irragionevoli da parte della politica. L’Osservatorio della laicità nazionale ha incentivato un aumento del comunitarismo radicale con il suo continuo dialogo con questi personaggi sgradevoli, andando anche il 14 novembre a organizzare un forum dal titolo ‘siamo uniti’, accanto al rapper Médine che ha chiesto la ‘crocifissione dei laici’, il ‘Collettivo contro l’islamofobia’ o Nabil Ennasri, un Fratello musulmano del Qatar. Il presidente dell’Osservatorio della laicità, Jean Louis Bianco, ha dato credito a queste organizzazioni salafite in guerra con i nostri valori”.
Sulla rivista Marianne, Marchand-Taillade ha poi chiesto, assieme al giornalista franco-algerino Mohamed Sifaoui, le dimissioni dei vertici dell’Osservatorio della laicità. “Inoltre, osservando che manifestazioni pubbliche pericolose si moltiplicavano sul territorio, ho iniziato nei primi mesi del 2014 a riferire ai servizi dell’arrivo di alcuni imam: Rachid Abou Houdeyfa, che richiede che le donne musulmane indossino il velo, ‘pena il fuoco dell’inferno’; Nader Abou Anas, che giustifica lo stupro coniugale, e Hatim Abu Abdillah, che promette una ‘punizione atroce’ per le belle donne. Poi sono andata a Lilla, il 6 e 7 febbraio, in cui Tariq Ramadan e altri erano venuti a indottrinare i nostri giovani e a metterli contro la loro terra d’origine. Queste azioni mi hanno dato una visibilità scomoda”.
[**Video_box_2**]Come ha reagito alla condanna a morte? “Dopo alcuni momenti di paura, ho pensato che se esistono queste minacce è perché la mia lotta ha sventato i piani dei Fratelli musulmani, portandoli alla luce. Ho deciso di non rinunciare, pur sapendo che devo assumere precauzioni per la mia sicurezza. Gli islamisti hanno iniziato un lungo lavoro sotto copertura in tutti i settori della società civile da più di trent’anni. Rispondono a una dottrina scritta da Hassan al Banna, il nonno di Ramadan. La loro bandiera ha due spade e il Corano: l’indottrinamento e la violenza sono i metodi per ottenere il potere. La Francia è un paese prescelto per numerosi motivi: ha una popolazione di grandi dimensioni nel nord Africa; è un paese laico contro il quale si possono usare le stesse armi democratiche; ha avuto politiche deboli. L’unico modo per fermare la minaccia è quello di riaffermare l’assoluta libertà di coscienza. Non possiamo permettere che intere fasce della popolazione francese, musulmane, cadano nella trappola dell’odio verso il paese in cui sono nate e, soprattutto, che le considera parte della nazione. E’ una scelta di civiltà, mentre l’oscurantismo cerca di distruggere due secoli di progresso per l’umanità”.
L'editoriale dell'elefantino