Privatizzare per rilanciare l'economia. Il Sudafrica e la via dei Brics per ripartire
Anche il Sudafrica, come tutti gli altri Brics, è arrivato a un bivio. O intraprende la strada che porta a riforme e privatizzazioni, oppure non solo si scorda gli alti tassi di crescita del passato, ma rischia la recessione. E' la teoria di molti analisti internazionali, è soprattutto anche quella del ministro delle Finanze sudafricano, già comunista, che ha annunciato l'intenzione di una serie di correttivi alla politica economica del paese.
Al momento, a differenza di Russia e Brasile, il pil sudafricano è ancora positivo. Per ora. Perché, nel suo discorso sullo stato dell'economia sudafricana, il ministro delle Finanze Pravin Gordhan ha abbassato la previsione di crescita per il 2016 dall’1,7 allo 0,9 per cento, ed ha inoltre ricordato che la disoccupazione è al 25 per cento, la povertà dilaga, il rand, la moneta locale, negli ultimi cinque anni ha perso metà del suo valore. Insomma, “il Sudafrica è in crisi”. E per uscirne ha preparato una cura in cui non ci sono l’aumento di accise e imposte su capital gain, carburante, bevande zuccherate, alcool e tabacco per 1,18 miliardi di dollari, e la possibilità di fondere la compagnia di bandiera South African Airways, da sempre in perdita, con l’altra compagnia di Stato, la South African Airways, in modo da trovare un potenziale acquirente straniero.
Quello che può sembrare poca cosa, è in realtà un evento epocale perché per la prima volta è stata pronunciata la parola “privatizzazione”, che per lungo tempo per l’African National Congress era rimasta anatema. Anche perché, nel processo di transazione al post-apartheid, i militanti del movimento di Mandela avevano già dovuto rinunciare all'esproprio del grande capitale “bianco” e si erano accontentati del semplice trasferimento di alcuni asset ad alcuni neri accuratamente scelti nella nomenklatura del partito. Il cosiddetto Black Empowerment.
Di origine e indiana Pravin Gordhan si è formato in quel Partito comunista sudafricano che curiosamente ha fornito all’Anc alcuni dei suoi dirigenti più pragmatici. E di un radicale cambiamento del modello economico ne parla da tempo. Ma proprio per questo, dopo cinque anni da ministro delle Finanze, il presidente populista Jacob Zuma lo aveva trasferito il 25 maggio del 2014 al meno impegnativo ministero della Governance Cooperativa e degli Affari Tradizionali, mettendo al suo posto l’ex-sindacalista Nhlanhla Nene.
[**Video_box_2**]Salutato come il primo ministro delle Finanze “nero” nel Sudafrica del post-apartheid, Nene più che i meriti razziali si è fatto valere per gli studi economici che aveva fatto, e che lo hanno portato a trasformarsi in un inopinato cane da guardia del rigore. Finché il 9 dicembre del 2015 Zuma non lo ha cacciato, dopo una strenua opposizione a un dispendioso piano per la costruzione di centrali nucleari che era stato anche oggetto di un accordo strategico con la Russia. Alla nomina del suo successore, David van Rooyen, il rand ha perso il 5,4 per cento in appena 24 ore. E' per questo che Zuma si è convinto a richiamare Gordhan, prima di essere investito dallo scandalo per l’uso dei fondi pubblici per la ristrutturazione della sua residenza privata a Nkandla: una spesa da 23 milioni di dollari che lui ha motivato per le esigenze di una famiglia poligamica con quattro mogli, e che però adesso lo ha portato davanti alla Constitutional Court.
E ora che Zuma non è più nelle condizioni di fare resistenze, Gordhan ha iniziato a imporre la sua ricetta. La stessa che hanno imboccato gli altri Brics. Putin ha appena annunciato un piano di privatizzazioni, in Cina è iniziata un’ampia riforma, e in Brasile Dilma Rousseff è nei guai proprio perché, scandali a parte, aveva vinto le elezioni sostenendo che gli avversari avrebbero altrimenti fatto proprio quel tipo di politiche che ora si trova costretta a realizzare.
Dalle piazze ai palazzi