Il professore e il conservatore. Su chi punta Rohani al voto in Iran
Roma. Il colore dei riformisti in Iran quest’anno è il turchese e all’Università di Teheran sono turchesi i volantini, i nastri tra i capelli e quelli legati ai polsi di ragazzi e ragazze che ai comizi alzano cartelli con su scritto: “Stiamo arrivando!”, in attesa del voto di oggi che rinnoverà il Parlamento e il Consiglio degli esperti. Tutti gridano “viva le riforme” e molti inneggiano a Mohammed Khatami, anche se l’ex presidente non c’è perché è da tempo diventato persona non grata e nell’èra di Hassan Rohani la riscossa riformista deve puntare su altre facce. Nel 2013 il movimento rinunciò al suo candidato, e adesso sogna di tornare in partita incassando i dividendi del sostegno dato a Rohani alle elezioni presidenziali. Senza l’alleanza con i riformisti, Rohani apparirebbe molto meno “moderato” e senza Rohani i riformisti sarebbero ancora nella terra di nessuno, c’è poco amore e molta necessità in questa relazione ma come accade anche nei matrimoni di convenienza, a forza di stare insieme capita pure di iniziare ad assomigliarsi. Così succede che alle elezioni di oggi i riformisti sono i candidati meno riformisti che memoria ricordi e i due portabandiera della coalizione pro governativa sono la personificazione della furbizia di Rohani.
Chi si ricorda di Mohammed Reza Aref? Se il nome non vi dice nulla non vi preoccupate, per anni nessuno si è ricordato che è stato vicepresidente di Khatami e che è un professore che ha studiato Ingegneria e ha conseguito un Phd a Stanford. Gli iraniani lo hanno scoperto nel 2013, quando si è presentato alle presidenziali. Nelle foto di quell’anno appare timido e poco a suo agio e scompare accanto alla moglie sorridente in un soprabito di shantung grigio perla. Oggi è il capolista dei riformisti per default: i leader della fu Onda Verde, Mir Hossein Moussavi e Mehdi Karroubi, sono agli arresti domiciliari dal 2011. Aref è poco carismatico, nessuno ricorda un suo slogan, una battuta, neppure un gesto di stizza che lo salvi dall’oblio. Durante le manifestazioni del 2009 non proferì verbo e a un giornalista che gli chiese quale fosse la sua posizione sui brogli e sulle uccisioni rispose che “non aveva ancora visto alcuna prova della frode”. Quando la candidatura di Rohani alle presidenziali si è rafforzata, Khatami e l’altro regista, l’ex presidente Hashmei Rafsanjani, gli hanno chiesto un passo indietro e la sua identità è diventata quella del sacrificio. Ora si presenta agli elettori come il candidato affidabile, la settimana scorsa ha portato la campagna elettorale dentro i vagoni della metropolitana. Un ragazzo gli ha urlato: “Dov’è il mio lavoro?”. Lui si è girato con rassegnazione e lo ha guardato con l’aria di chi vorrebbe dire: guardami, io non sono Che Guevara né filosofeggio come Khatami, sono solo l’uomo onesto cui potresti lasciare le chiavi di casa.
[**Video_box_2**]Chi è in cerca di emozioni deve guardare all’altro pezzo grosso sulla lista pro Rohani, che però non è un riformista: è un conservatore. Ali Motahhari è da anni la mina vagante dell’arco costituzionale iraniano. E’ stato il motore dietro il tentativo di impeachment contro Mahmoud Ahmadinejad e l’anno scorso ha approfittato di un intervento in Parlamento per scagliarsi contro la detenzione dei leader dell’Onda Verde. Altri parlamentari falchi gli si sono fatti incontro e gli hanno strappato i fogli che teneva in mano. Poi il presidente del Consiglio dei guardiani lo ha attaccato pubblicamente: “Se quattro stronzi sostengono questa posizione, vuol forse dire che 75 milioni di iraniani sono d’accordo?” Qualche tempo dopo la macchina di Motahhari in visita a Shiraz è stata colpita dal lancio di uova e pomodori, una tegola gli ha frantumato il vetro ferendogli un occhio e sui social network si sono formati gruppi di “stronzi” in sua difesa. Ciò nonostante Motahhari non si sogna di indossare l’etichetta di riformista e continua a definirsi un conservatore indipendente. Ha spesso preso in giro Khatami definendolo “l’intellettuale emotivo”. Una volta Ahmadinejad tentò di consentire l’accesso alle donne negli stadi e lui insorse sardonico: “La prossima mossa qual è, spettacoli nei night e più cabaret per tutti?”.