Le liberalizzazioni creano posti di lavoro. Il caso degli autobus in Francia
Parigi. “Sulla base dei dati forniti dalle compagnie di autobus, a sei mesi dall’apertura alla concorrenza, sono stati creati 1.300 posti di lavoro diretti e sono stati trasportati 1 milione e 500 mila passeggeri”. È il risultato del rapporto pubblicato oggi da France Stratégie, organismo di concertazione e riflessione che lavora per conto di Matignon, sede del primo ministro francese. Un risultato che non lascia alcun spazio alle interpretazioni: le liberalizzazioni fanno bene, creano posti di lavoro e dinamizzano l’economia.
La liberalizzazione del settore dei trasporti è stata autorizzata lo scorso 10 luglio nel quadro della maxi legge che porta il nome del ministro dell’Economia, la celebre loi Macron. Il giovane inquilino di Bercy aveva annunciato allora che nei diciotto mesi a venire l’apertura alla concorrenza del settore degli autobus avrebbe potuto creare “dai 2.000 ai 3.000 posti di lavoro diretti”, ai quali andava aggiunta “l’attività indotta sul turismo e il commercio locale”. A sei mesi di distanza, non solo i desideri di Macron sono stati soddisfatti, ma i numeri dicono che i benefici delle liberalizzazioni sono stati migliori delle attese. Di questo passo, fra 12 mesi, potrebbero essere 5.000 i posti di lavoro diretti generati dalla loi Macron, senza contare i difficilmente quantificabili posti di lavoro indiretti. Comuni che prima della legge Macron sulle liberalizzazioni erano tagliati fuori dalla cartina stradale, ora sono entrati a far parte dell’articolata rete di tragitti proposti dalle aziende che operano in Francia: “734 paia di città”, si legge nel paper di France Stratégie, beneficiano ora di una linea diretta, senza dunque l’obbligo per i passeggeri di cambiare autobus per raggiungere la destinazione desiderata.
Per gli autori del rapporto, la rete ora “si sviluppa a un ritmo rapido e comparabile a ciò che si è verificato in Germania dopo la liberalizzazione” del settore dei trasporti del gennaio 2013. In Francia, attualmente, il settore degli autobus conta sette attori principali: la tedesca Flixbus e Isilines dominano nel territorio metropolitano, occupando il 35 per cento della rete; la spagnola Alsa e a Eurolines offrono tragitti sia all’interno dei confini francesi, sia tra la Francia e l’estero, coprendo il 30 per cento della rete; Ouibus, filiale della Sncf (le ferrovie francesi), e Starshipper, coprono ognuna poco più del 10 per cento; infine la britannica Megabus occupa una fetta parti all’8 per cento.
“Conferisce una mobilità, che non esisteva prima, ai giovani e ai meno abbienti. Oggi ci sono molti francesi che non possono permettersi di acquistare un biglietto del treno o che fanno molta più attenzione quando viaggiano con la loro automobile perché è costoso”, aveva dichiarato Macron la scorsa estate quando la sua legge era appena stata promulgata. Lo avevano guardato di sbieco i giacobini del Ps, quelli che Macron è un “fottuto banchiere ultraliberale”, avevano annunciato scenari apocalittici per il settore dei trasporti aperto alla concorrenza, una distruzione di centinaia di posti di lavoro, e invece è successo esattamente il contrario.
I dati del paper sfornato da France Stratégie, irrompono nei giorni in cui le tensioni per la riforma del mercato del lavoro difesa dalla ministra El Khomri (ieri, nel corso dei dibattiti, la ministra ha anche avuto un piccolo malore, ed è stata costretta a recarsi in ospedale per accertamenti) sono più acute che mai.
[**Video_box_2**]Domenica il ministro dell’Economia, intervistato dal Journal du Dimanche, aveva difeso con toni decisi una riforma “coerente” e che “parla al paese attuale”, aggiungendo che “non si può dichiarare lo stato di emergenza economico e sociale e non fare nulla sul mercato del lavoro”. Ma ieri pomeriggio, per la gioia dei sindacati che vorrebbero eliminare in blocco il progetto di legge El Khomri, è arrivato l’annuncio del governo sul rinvio della presentazione della riforma in consiglio dei ministri al 24 marzo. Un annuncio, secondo il Figaro, che rivela quanto il “governo sia in uno stato di debolezza”, perennemente in ostaggio dell’ala radicale del partito, ma soprattutto quanto sia difficile liberalizzare la Francia. Chissà se i numeri positivi emersi oggi dal rapporto di France Stratégie sugli effetti delle liberalizzazioni faranno abbassare le barricate degli anti Macron.