I documenti trafugati sui combattenti dello Stato islamico sono attendibili?
Un disertore dello Stato islamico ha fornito all'intelligence tedesca 22 mila file contenuti in una chiavetta Usb che si riferiscono a diverse centinaia di combattenti volontari dello Stato islamico. I file includono migliaia di pagine che riportano i dati personali degli aspiranti jihadisti: nome, cognome, data di nascita, paese di provenienza, lavoro, parenti, numeri di telefono. Per un totale di 23 voci compilate nel 2014 dall'ufficio dello Stato islamico che gestisce i transiti ai confini del Califfato.
Sono informazioni autentiche?
I dati sono arrivati ai media tedeschi, britannici e anche a una rivista basata in Qatar e vicina ai ribelli siriani, che li hanno pubblicati. Le informazioni diffuse sono ora al vaglio dell'intelligence tedesca, ma un funzionario di Berlino ha riferito alla Cnn che, a un primo studio, sembrano essere autentiche. Ieri però il Global Post aveva messo insieme diversi elementi che lasciavano trasparire più di qualche dubbio. Molti nominativi sembrano ripetersi riducendo così di molto il totale dei combattenti inseriti nella lista: di 22 mila file, solo 1.700 persone potrebbero essere identificate. Ricorrono anche altre anomalie: i loghi usati sarebbero inediti e, soprattutto, la dicitura araba per indicare lo Stato islamico compare in due modi diversi nel testo (e uno di questi non era mai stato riscontrato finora in altri documenti ufficiali del Califfato). Inoltre, i file includono i nominativi di 122 attentatori kamikaze deceduti, ma invece di identificarne la data del decesso con la dicitura consueta "data del martirio", nei documenti ricorre un semplice "data di morte". Secondo alcuni analisti citati dal Global Post potrebbe esserci una spiegazione per queste incongruenze: i documenti raccolti risalgono alla fine del 2013, quando il Califfato, inteso nella sua struttura burocratica, era ancora agli albori. La maggiore approssimazione e la minore attenzione al formato dei documenti potrebbero quindi essere imputabili alla scarsa dimestichezza dei funzionari che li hanno compilati.
Il Guardian ha verificato però che alcuni numeri di telefono riportati nei documenti appartengono effettivamente a combattenti dello Stato islamico o a loro famigliari. Altro dato che confermerebbe l'autenticità dei documenti è che molti dei jihadisti inseriti erano già noti ai servizi segreti occidentali. Ad esempio quello dell'ex rapper 26enne di Londra, Abdel Majed Abdel Bary; e ancora, quello di Reyyad Khan, ucciso in un bombardamento dell'aviazione britannica lo scorso agosto; o quello di Junaid Hussai, l'hacker 21enne di nazionalità britannica e considerato uno dei leader del servizio informazioni del Califfato.
Cosa dicono i dati e perché potrebbero essere importanti
Nonostante la mole imponente di documenti diffusi, le stime sulla composizione totale dei ranghi dello Stato islamico è ben superiore. Basti pensare che i file riportano i dati di soli 1.736 combattenti, mentre le stime recenti dell'istituto di ricerca Soufan Group parlavano di un numero compreso tra i 20 mila e i 30 mila uomini all'incirca. A ogni modo, come ha dichiarato a Wired Matthew Levitt, un analista del Washington Institute specializzato in controterrorismo, "questo tipo di informazioni sono un tesoro per gli analisti di intelligence". Le informazioni possono servire ai governi occidentali per tracciare i movimenti dei foreign fighter che si sono uniti allo Stato islamico, ad esempio seguendo le tracce lasciate dai cellulari usati dai miliziani.
Da dove vengono i miliziani dello Stato islamico
Nell'infografica sono evidenziate le nazionalità dei combattenti secondo i dati forniti dal leak. I miliziani provengono in totale da 51 paesi e due terzi di loro è originario di Arabia Saudita, Marocco, Tunisia o Egitto. Il 25 per cento è di nazionalità saudita e solo l'1,7 per cento è siriano. Appena l'1,2 per cento iracheno. Tra i foreign fighters i turchi, seguiti dai francesi, sono le nazionalità più rappresentate. Inoltre, due dei miliziani inseriti nell'elenco hanno avuto a che fare con l'Italia. Il primo è Rawaha al Itali, probabilmente il nome de guerre di Ana el Abboubi, un rapper bresciano di origini marocchine già indagato nel 2015 per un caso di reclutamento di terroristi. Il secondo è Abu Ishaq al Tunisi che, tra i vari paesi europei visitati negli ultimi anni, avrebbe vissuto per qualche tempo anche in Italia.