Cássio Conserino, José Carlos Blat e Fernando Henrique Araújo

Gli svarioni dei pm brasiliani nel testo della richiesta di arresto di Lula

Maurizio Stefanini
I tre pm che hanno firmato l'ordinanza contro l'ex presidente hanno provato a impressionare il lettore citando "Nietzche" senza "s" e "Hegel" invece di Engels. E hanno fatto una magra figura

Cássio Conserino, José Carlos Blat e Fernando Henrique Araújo. Sono questi i tre pm di San Paolo che hanno chiesto al giudice Maria Priscilla Ernandes Veiga Oliveira l’arresto preventivo di Lula per falso ideologico e truffa. Motivo: un appartamento a tre piani a Guarujá, famosa località balneare vicino a San Paolo, che secondo loro sarebbe in realtà di proprietà dell’ex presidente, malgrado ufficialmente figuri come proprietà della Oas, uno dei colossi di costruzioni collegati allo scandalo Petrobras. Insomma: si tratterebbe di occultamento di patrimonio, per sottrarsi dalle conseguenze del quale Lula potrebbe fuggire dal paese.

 

Come ex presidente della Repubblica, sostengono i tre pm, “le sue possibilità di evasione sarebbero estremamente facili”. La risposta di Lula è di sfida: “Se mi arrestano divento un eroe, se mi uccidono divento un martire, se mi lasciano libero ridivento presidente”. La risposta della presidentessa Dilma Rousseff, secondo le indiscrezioni, sarebbe un’offerta affannosa al suo predecessore di un posto di ministro, un’idea che però al momento Lula avrebbe rifiutato. La risposta di molti leader della sinistra internazionale, e non solo di sinistra, è stata quella di firmare un appello in suo favore. “Lula non è al di sopra della legge, ma neanche può essere oggetto di attacchi ingiustificati contro la sua integrità. Stiamo con lui, certi che la verità prevarrà”, sottoscrivono gli ex presidenti dell’Argentina (Cristina Kirchner e Eduardo Duhalde), del Paraguay (Nicanor Duarte e Fernando Lugo), dell’Uruguay (Pepe Mujica), del Cile (Ricardo Lagos), della Colombia (Ernesto Camper), delll’El Salvador (Mauricio Funes), dell’Honduras (Manuel Zelaya), di Panama (Martin Torrijos), della Repubblica Dominicana (Leonel Fernandes), della Bolivia (Carlos Mesa) e dell’ex capo del governo di Spagna (Felipe González) e di Italia (Massimo D’Alema), dell’ex ministro degli Interni e degli Esteri del Cile ed ex-segretario dell’Osa ­(José Miguel Insulza). Tre milioni di brasiliani hanno invece aggiunto ulteriore indignazione alle motivazioni che domenica li hanno portati in piazza, tornando a chiedere le dimissioni della presidentessa.

 



 

Altri brasiliani, però, leggendo la richiesta di arresto si sono fatti semplicemente un bel po’ di risate, e non solo tra chi continua a sostenere sia Lula sia Dilma. Molti giuristi hanno contestato la solidità giuridica del documento, osservando che in realtà sono poco fondati sia i rischi che Lula fugga, sia quelli che possa inquinare le prove. Ma questi sono temi più tecnici. Il fatto, però, è che i tre pm hanno anche infiorettato lo scritto con citazioni filosofiche e storiche che in realtà c’entravano poco o nulla con il problema penale. I tre giudici volevano evidentemente fare impressione sui lettori ma sono invece incappati in un paio di svarioni monumentali. Il primo, quando hanno fatto una citazione da “Così parlò Zarathustra” per spiegare che Lula non è un superuomo al di sopra delle leggi, ma invece che a Nietzsche hanno attribuito il testo a un “Nietzche” senza esse. L’altro quando hanno detto che perfino “Marx e Hegel” si sarebbero vergognati di Lula: evidentemente, erano Marx e Engels.

 

Ai giornalisti che sono andati a chieder loro dei due scivoloni i pm hanno risposto in tono seccato: “Evidenti errori materiali”, che non compromettono né la solidità del loro teorema, né le loro credenziali culturali. Altri commentatori hanno però osservato che le citazioni culturali elevate sono una mania di Sérgio Fernando Moro, il giudice federale di Curitiba che è stato al centro delle indagini sullo scandalo Petrobras, e che ha disposto la deposizione coatta di Lula. E che la stessa richiesta di arresto sia venuta dal pool di San Paolo a ruota di questo spettacolare provvedimento. Ricordiamo che Moro è stato il più acclamato nelle grandi manifestazioni di domenica. “Tutti siamo Sérgio Moro”, “Moro massimo campione del Brasile”, “Moro è mio amico chi si mette contro lui si mette contro di me”, “Grazie Moro per farmi credere di nuovo nel mio paese”, erano alcuni tra gli slogan più gettonati. Il senatore Aécio Neves, presidente di quel partito della Social democrazia brasiliana (Psdb) che è il più grande dell’opposizione e candidato sconfitto da Dilma all’ultimo ballottaggio presidenziale, quando ha parlato alla manifestazione è stato a sua volta fischiato e tacciato di “ladro!”. Insomma, nel vuoto di credibilità dell’intera classe politica, anche altri giudici cercano frettolosamente di accodarsi al copione che rende popolari, pur avendo magari meno doti dei pionieri. Uno scenario molto italiano.  

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