Trump stravince in Florida e Rubio sospende la campagna. Gran serata di Hillary, che pensa già a novembre
New York. E’ stata un’altra grande serata per Donald Trump, forse quella decisiva per conquistare entro la fine delle primarie i 1.237 delegati che servono per sigillare la nomination, mettendola al riparo dall’eventualità di una “brokered” o “contested” convention, il grande bazar di palazzo che l’establishment repubblicano ora preferisce chiamare “open convention”. In Florida Trump non ha vinto ma ha stravinto, seppellendo il candidato di casa, Marco Rubio, sotto un distacco di 19 punti percentuali, leggermente più alto di quello già vasto previsto dai sondaggi. Inevitabile per Rubio sospendere la campagna, mortalmente umiliato dal suo popolo dopo una via crucis che l’ha visto trasformarsi da Robot Rubio a “peso leggero” finendo con l’incoronazione a “Little Marco”, passando per trionfi insignificanti in in Minnesota, a Puerto Rico e Washington DC. Trump si è congratulato con lui per la “tosta campagna”, salvo poi beffeggiarlo un’ultima volta su Twitter, citando un video in cui dice che “chi vince la Florida avrà la nomination”. “Sono d’accordo con te!” è l’ovvio commento del frontrunner. La sconfitta ha i tratti neri della tragedia esistenziale per il senatore che una volta era finito sulla copertina di Time come “il salvatore dei repubblicani”, niente meno. Intanto, chi per ragioni tattiche lo voleva fuori dalla corsa prima del Primary Day o Mega Tuesday di ieri, in modo da concentrare in modo razionale gli sforzi del fronte “Never Trump”, ora ringhia e scalcia, ché in Missouri, dove c’è un testa a testa all’ultimo voto fra Trump e Ted Cruz, i voti di Rubio avrebbero fatto la differenza, e lo stesso in Illinois, dove Trump ha vinto. La sconfitta della serata è arrivata, come previsto dai sondaggi, in Ohio, dove il governatore John Kasich ha riportato la sua prima vittoria: un bel pacchetto di delegati per via del sistema “winner take all”, ma per raggiungere la soglia della nomination deve vincere da qui in avanti il 91 per cento dei delegati a disposizione. Non succederà nemmeno nella campagna dov’è successo di tutto.
Infine, Trump ha vinto di alcuni punti su Cruz anche in North Carolina, dove però i delegati si assegnano con il sistema proporzionale. Paradossalmente, per una parte dell’establishment sarebbe stato meglio che Trump vincesse anche l’Ohio, così da cacciare Kasich fuori dalla corsa e costringere le eterogenee forze anti Trump a fare quadrato attorno a Cruz; altri sostengono che una rete a strascico più ampia, formata da due candidati fra loro molto diversi, è comunque in grado di pescare più delegati da qui a giugno, per impedire a Trump di raggiungere quota 1.237. Il problema di questa seconda scuola di pensiero è che per ambire alla nomination è politicamente necessario inanellare vittorie, e da un punto di vista formale occorre avere la maggioranza dei delegati in almeno otto stati per accedere alla famosa “open convention”. Entrambe le strade appaiono evangelicamente strette e in salita.
Se Trump ha avuto un’ottima serata, quella di Hillary Clinton è stata eccellente. Hillary ha battuto Bernie Sanders di un abisso in Florida, con ampio margine in Ohio e North Carolina, di misura in Illinois e ha perso – ma il distacco è davvero minimo – in Missouri. La nottata porta la somma dei delegati di Hillary a 1.021, contro i 678 di Bernie, senza contare i 467 superdelegati che già hanno dichiarato fedeltà all’ex segretario di stato. Naturalmente Hillary nel suo discorso della vittoria ha proseguito sul tono da campagna elettorale generale contro Trump già inaugurato due settimane fa al Super Tuesday: “Quando sentiamo un candidato alla presidenza che vuole espellere 12 milioni di immigrati, bandire tutti i musulmani dagli Stati Uniti, quando uno è dalla parte della tortura, questo non lo rende forte, lo rende sbagliato”, con un acuto bisticcio fra “strong” e “wrong” che è già stato incorporato nello stump speech. Se il primo obiettivo strategico di Hillary è contrastare Trump, il secondo è quello di escogitare modi per convincere l’elettorato socialisteggiante e millennial di Bernie a sostenerla. Agitare lo spauracchio di Trump può ben servire allo scopo.
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