Gli studenti francesi ancora in piazza contro la riforma del lavoro
Milano. I giovani francesi ieri sono tornati in piazza per protestare contro la proposta di riforma del lavoro, 115 licei sono stati occupati alla mattina, nel pomeriggio ci sono state proteste in molte città francesi, i numeri variano a seconda di chi fa i conti, ma si parla di almeno centomila manifestanti. Una settimana fa, quando c’era stata la prima protesta contro la “loi travail”, i licei occupati erano stati 90, e nel frattempo il governo del premier Manuel Valls ha rivisto la proposta di legge – “alleggerimento”, lo chiamano – per andare incontro alle richieste dei sindacati e dei giovani. Se i sindacati hanno parzialmente accolto l’iniziativa, gli studenti invece vogliono andare fino in fondo, dicono le associazioni giovanili, e il fondo è l’eliminazione totale della riforma.
Il governo è nervoso, e ancora di più lo è il presidente, François Hollande, che ricorda la storia e sa che quando i ragazzi cominciano ad appassionarsi alla piazza, la via delle riforme diventa stretta, e pericolosa. E l’anno prossimo si vota alle presidenziali, e i socialisti arriveranno all’appuntamento divisi e ammaccati da un mandato pieno di problemi e di faide. Hollande e Valls poi si uniranno contro le proteste e contro l’ala radicale del partito, o si divideranno? Il settimanale L’Obs sintetizza la questione così: in copertina nel numero uscito ieri ha messo il presidente da un lato e il premier dall’altro, e in mezzo la domanda: “Chi ammazzerà l’altro?”. Dal racconto, si capisce soltanto che preoccupazione e nervosismo sono ai massimi.
Sulla riforma del lavoro, pare che Valls volesse fare il duro e non concedere nulla, perché è insofferente nei confronti dell’ambiguità del presidente, la stessa che rivelano anche i sondaggi: “I francesi considerano Hollande un animale politico impalpabile – dice Jean-Daniel Lévy, che si occupa di rilevazioni all’Harris Interactive – Hanno l’impressione che il presidente non dica tutto, che non sia franco”. Valls invece è considerato più determinato, più incattivito anche, “non è un mistero che il premier voglia uscire da questo mandato come ‘il riformatore’”, dice un ministro all’Obs. Ma se a Hollande un uomo come Valls va in fondo bene, “perché è un politico senza truppe – dice il politologo Stéphane Rozès – e un capro espiatorio perfetto per la sinistra del Ps”, allo stesso tempo non vuole precipitare per colpa sua: per questo il presidente, dopo le proteste della settimana scorsa, ha chiamato all’Eliseo tutti i responsabili della riforma – oltre al premier, il ministro del Lavoro, Myriam El Khomri, il ministro dell’Economia, Emmanuel Macron – e ha imposto la linea del dialogo, che poi si è tramutata in quel che i giornali francesi hanno definito “un passo indietro”.
Un libro in uscita la settimana prossima in Francia, di cui il Monde ha pubblicato alcuni stralci, racconta l’ambizione di Hollande per il 2017. “Le pari”, la scommessa, di Bastien Bonnefous e Charlotte Chaffanjon, giornalisti rispettivamente del Monde e del Point, racconta che il presidente considera Valls “il più legittimato” a correre per la presidenza al suo posto, anche se lo delegittima nella frase successiva: “Potrebbe però non essere il più adatto alla situazione, perché la gente potrebbe dire: ‘Se non si candida Hollande, perché si candida il suo primo ministro?”. Il presidente ha il culto della sintesi, dicono molti commentatori, ma ha capito che non riuscirà a mettere insieme i socialisti, a ritrovare unità, e allora contribuisce anche lui a dividerli. Almeno quelli che, divisi, diventano per lui più innocui. Un socialista anonimo dice che Hollande è il “maestro dei manipolatori”, ed è lui il regista delle divisioni che ci sarebbero anche tra Valls e il ministro dell’Economia Macron.
I retroscenisti francesi stanno mostrando una leadership in scontro permanente, “una guerra di nervi” che andrà avanti fino al 2017, anche se alcuni sostengono che la battaglia finale non ci sarà, perché l’istinto di protezione avrà infine il sopravvento. Un sondaggio Ifop ieri ha gelato anche le note ambizioni di Macron, che dalla faida vorrebbe uscire vincente. In uno scontro presidenziale con Nicolas Sarkozy, leader della destra dei Républicain, e con Marine Le Pen del Front national, il ministro dell’Economia arriverebbe terzo.