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Il Belgio non è solo? E' solissimo. Dialogo con Applebaum contro l'isolazionismo

Paola Peduzzi
La giornalista vincitrice del Pulitzer lancia un appello all'unità dell'Europa

Milano. Tintin è diventato il simbolo degli attacchi di Bruxelles, ha le lacrime dei colori della bandiera belga, piange lui, piangono i suoi amici disegnati, il Belgio sono io, e non sento altro che tristezza. Non sei solo, Belgio, rispondono i leader internazionali, siamo uniti, siamo solidali, siamo insieme, reagiremo fianco a fianco, “è un attacco all’Europa”, a tutti noi, come ha detto il francese François Hollande. Ma quando il cordoglio finisce, finisce anche l’unità, e anzi quel che caratterizza oggi l’occidente è semmai l’opposto dell’unità, è la spinta alla divisione, la frammentazione, l’isolazionismo.

 


Anna Applebaum


 

“Io sono a Londra in questo momento – dice al Foglio Anne Applebaum, giornalista e scrittrice americana naturalizzata polacca che nel 2004 ha vinto il Pulitzer con un libro imprescindibile, “Gulag” – E la prima reazione dopo gli attentati a Bruxelles è stata quella degli euroscettici e dei sostenitori della Brexit: andiamocene, separiamoci, stare insieme non conviene”. Non si tratta soltanto dell’eccezione britannica che stiamo imparando a conoscere piuttosto bene, ma di una tendenza globale: “La minaccia del terrorismo è internazionale e noi, invece che creare alleanze più forti, invece che condividere informazioni e missioni, ci facciamo conquistare dall’isolazionismo – dice Applebaum – Il cuore dell’Europa è la stabilità, è con la stabilità che possiamo combattere il terrorismo: abbiamo bisogno che i nostri leader dicano chiaro che abbiamo bisogno di unità, su tutto, sulla guerra, sui rifugiati, sull’intelligence. Al contrario si moltiplicano opinioni e atteggiamenti che spingono verso gli estremi”.

 


La vignetta di Tintin che piange, che sta circolando sul web


 

Ritirarsi, lasciare che ognuno se la cavi come può, isolarsi. La tentazione in Europa è alta: si impongono alle elezioni partiti che non si fidano del progetto europeo, che vogliono spaccarlo o sminuirlo, che non fanno che sottolineare le disfunzionalità dell’unione, meglio un muro che una risposta collettiva e negoziata. Le divisioni non sono certo una novità, l’Unione europea si muove da sempre da una divisione all’altra, ma ora sfugge il desiderio di una sintesi. “E mentre l’Europa non cerca alleanze forti al suo interno – dice Applebaum – perde anche il suo alleato più solido all’esterno, che è l’America”. L’istinto isolazionista, dall’altra parte dell’Atlantico, si è insinuato con la presidenza di Barack Obama, “che tende a lasciare sola l’Europa” oltre che gli altri fronti di guerra.

 


La politica estera americana si è fondata su una scommessa, che Obama ha esplicitato in un’intervista rilasciata all’Atlantic: il prezzo dell’azione diretta degli Stati Uniti contro il terrorismo è più alto del prezzo dell’inazione. L’isolazionismo vince sull’interventismo (secondo Obama comunque nessuna delle filosofie di politica estera elaborate finora è stata efficace, il mondo non si può salvare). Senza la leadership americana, in medio oriente non sono più certi né confini né alleanze, il costo umanitario è altissimo e lo Stato islamico continua a esercitare un’attrattiva a livello locale e, come sappiamo bene noi europei, a livello internazionale. Nell’incertezza e nella sfiducia, “Obama ha iniziato anche a essere molto critico nei confronti dell’Europa – dice Applebaum – Se l’è presa direttamente con i ‘free riders’ inglesi e francesi”. Gli effetti collaterali del ritiro politico dell’America ricadono anche sull’Europa, che risponde, a sua volta, con populismi di varia natura, che affossano l’obiettivo comune, rendono ancora più ingestibile la crisi terroristica e quella, collegata, dei rifugiati. “Se dovesse vincere a novembre Donald Trump – aggiunge Applebaum – l’impulso ‘go away’, state lontani che noi stiamo bene da soli, raggiungerebbe il suo massimo, visto che lui non vuole la Nato, non vuole l’Europa, non vuole niente che abbia a che fare con il mondo”. Dalla Brexit a Trump, nel giro di qualche mese, come ha scritto di recente la Applebaum, l’ordine mondiale liberale potrebbe non esistere più, pure se l’isolazionismo non contiene le minacce né risolve la guerra in Siria, e il risveglio ogni giorno ha lacrime di un colore diverso.

  • Paola Peduzzi
  • Scrive di politica estera, in particolare di politica europea, inglese e americana. Tiene sul Foglio una rubrica, “Cosmopolitics”, che è un esperimento: raccontare la geopolitica come se fosse una storia d'amore - corteggiamenti e separazioni, confessioni e segreti, guerra e pace. Di recente la storia d'amore di cui si è occupata con cadenza settimanale è quella con l'Europa, con la newsletter e la rubrica “EuPorn – Il lato sexy dell'Europa”. Sposata, ha due figli, Anita e Ferrante. @paolapeduzzi