Un'immagine degli attentati di martedì a Bruxelles (foto LaPresse)

Lo Stato islamico ha impiantato in Europa una macchina per stragi

Daniele Raineri
Un rapporto del governo francese e due reporter dicono che il network degli attentati è più grande di quanto pensavamo – di Daniele Raineri

Roma. Domenica il New York Times ha pubblicato un articolo della giornalista Rukmini Callimachi basato su un rapporto confidenziale del governo francese scritto dopo gli attacchi del 13 novembre a Parigi da parte dello Stato islamico. Callimachi è specializzata in gruppi terroristici e scrive che lo Stato islamico ha costruito in Europa “una macchina per sostenere una campagna prolungata di attentati in Europa”. Si tratta di un cambiamento rispetto al passato, perché la fazione comandata da Abu Bakr al Baghdadi non ragiona più per colpi singoli, come sono stati gli attacchi compiuti da al Qaida a distanza di anni, ma da venti mesi trasferisce o crea in Europa le capacità – e gli uomini – per lanciare una sequenza di attentati multipli.

 

“Il braccio dello Stato islamico che si occupa delle operazioni all’estero era di certo già al lavoro nel giugno 2014 e forse anche da gennaio 2014, quindi da prima che il gruppo dichiarasse la fondazione del Califfato. Da allora, ha mandato con regolarità un numero consistente di combattenti addestrati dalla Siria all’Europa con l’obiettivo di compiere stragi” – dice Callimachi al Foglio – Il fatto che tutti i primi attacchi sono falliti ha ingannato le autorità e ha fatto loro credere che gli uomini dello Stato islamico in Europa non fossero una forza potente”.

 

A inizio febbraio una testimone coinvolta nelle indagini per trovare Abdelhamid Abaooud, il comandante del gruppo di fuoco a Parigi, è uscita allo scoperto per un contrasto con la polizia e ha detto ai giornali che l’uomo (poi ucciso in uno scontro a fuoco) ha rivelato la presenza di novanta terroristi in Europa. Per ora la prova dell’esistenza di network così grande esiste soltanto in quelle parole di Abaooud, ma il numero di persone coinvolte nelle operazioni dello Stato islamico in Europa, anche con ruoli da semplice gregario, è elevato. “Quello che sappiamo di sicuro è che gli attentati di Parigi sono stati compiuti da dieci uomini e che altri venti sono stati arrestati in tutta Europa per i collegamenti a quella strage”, dice la giornalista.

 


Un'immagine dell'attentato all'interno dell'aeroporto di Bruxelles


 

Secondo il rapporto del governo francese, l’esplosivo usato dallo Stato islamico in Europa è il Tatp, una sigla che indica un composto artigianale e instabile che richiede un certo grado di addestramento per essere prodotto e maneggiato (offre un vantaggio: è ottenuto a partire da ingredienti comuni, come lo smalto per unghie e l’acqua ossigenata). Il sito dove sono state costruite le bombe di Parigi e di attentati precedenti, falliti, non è stato ancora trovato. I terroristi hanno affittato numerose case da usare usato come nascondigli e una in particolare hanno chiesto che avesse “una cantina perfettamente asciutta”, e gli investigatori pensano che sia stata utilizzata per conservare una parte dell’esplosivo già prodotta dalla fabbrica di cinture esplosive non ancora scovata. Le indagini a Bruxelles stabiliranno se anche i tre attentatori di ieri hanno usato lo stesso Tatp, e se quindi fanno parte della stessa macchina per attentati descritta nel rapporto francese e sul New York Times. La Cnn sostiene che l’esplosivo sarà l’elemento più importante dell’inchiesta.

 

Guy van Vlierden è un reporter belga specializzato nel seguire i foreign fighters partiti da Francia e Belgio per la Siria e poi tornati. Dice al Foglio che “è perfettamente possibile che esista un grande network e che ci siano decine di attentatori, perché sappiamo che hanno gestito un viavai di volontari a Leros e nei centri per rifugiati in tutta Europa – in Germania, in Austria e forse anche in Ungheria”. Contesta i media che attribuiscono a casaccio i ruoli all’interno del network: “La mente degli attentati”, oppure “l’uomo più ricercato d’Europa”. “Non sappiamo ancora con certezza quale fosse il ruolo di ogni individuo. Grazie a quello che sappiamo adesso, penso che Abaooud debba essere stato un comandante sul campo e guidava i terroristi durante l’operazione a Parigi, ma prendeva ordini da Mohamed Belkaid (che si faceva chiamare Samir Bouzid) e da Najim Laachcroui (che si faceva chiamare Soufinae Kayal), nascosti da qualche parte a Bruxelles”. E Salah Abdeslam, la cui cattura venerdì scorso è stata raccontata come un momento definitivo della lotta allo Stato islamico in Europa? “Molto probabilmente aveva un ruolo inferiore – faceva parte della logistica e forse doveva essere un attentatore, ma nemmeno questo è del tutto certo. I veri mandanti, gli strateghi, secondo me vanno cercati in Siria. Penso a Fabien Clain, Boubaker al Hakim e forse altri veterani francesi del jihad”.

 

E’ interessante notare che tutti gli attentatori di Parigi si erano lasciati alle spalle materiale compromettente (per esempio: video di esecuzioni di prigionieri), nelle mani dello Stato islamico, come dimostra un video di propaganda uscito su internet domencia 24 gennaio. In questo modo, anche se a piede libero in Europa, il gruppo estremista tiene legati a se gli attentatori. E’ verosimile che materiale dello stesso tipo, che potrebbe tradire i prossimi stragisti, sia custodito in Iraq o in Siria.

  • Daniele Raineri
  • Di Genova. Nella redazione del Foglio mi occupo soprattutto delle notizie dall'estero. Sono stato corrispondente dal Cairo e da New York. Ho lavorato in Iraq, Siria e altri paesi. Ho studiato arabo in Yemen. Sono stato giornalista embedded con i soldati americani, con l'esercito iracheno, con i paracadutisti italiani e con i ribelli siriani durante la rivoluzione. Segui la pagina Facebook (https://www.facebook.com/news.danieleraineri/)