Resa dei conti dopo la strage
Perché i servizi belgi sono accusati di aver ignorato “avvertimenti precisi”
Roma. Mercoledì sera il sito del quotidiano israeliano Haaretz ha scritto che i servizi di sicurezza del Belgio e altri non meglio specificati servizi occidentali avevano ricevuto in anticipo un avvertimento preciso che riguardava un attentato contro l’aeroporto di Bruxelles e anche contro la metropolitana – che si sarebbero verificati “molto presto”. Il sito non indica la fonte della rivelazione e usa la formula ambigua “Haaretz ha appreso che”. Inoltre, sostiene che l’attentato è stato pianificato nel quartier generale dello Stato islamico a Raqqa, in Siria, e che il Belgio non è riuscito a prevenire gli attacchi perché i suoi servizi di sicurezza non erano all’altezza di un allarme così ravvicinato. La critica si aggiunge ad altre, sempre anonime, dell’intelligence americana che al sito Daily Beast dice di avere provato ad aiutare i belgi, ma di averli trovati impreparati “come bambini”: messi di fronte alla minaccia di attentati, “hanno fatto un lavoro di merda”. Anche il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, ha detto che uno degli attentatori, Brahim el Brakaoui, è stato catturato nel giugno 2015 a Gaziantep (una cittadina turca di confine che serve da accesso alla Siria), e che è stato deportato in Belgio, dove però nessuno ha preso misure di sicurezza contro di lui. In generale, le fonti anonime rimproverano al governo di Bruxelles di non essersi accorto che lo Stato islamico ha fatto del Belgio la sua base in Europa.
La scoperta di un deposito di esplosivo durante un raid in un quartiere della capitale martedì sera, le indagini che ora si concentrano su una figura chiave dello Stato islamico in Belgio, Najim Laachraoui, sono una conferma indiziaria dell’esistenza di un apparato permanente dello Stato islamico in Europa, creato in due anni per compiere attentati in serie.
Laachraoui è una figura particolare che lega le stragi di Parigi e Bruxelles – perché è stato visto assieme a Salah Abdesalam, presente a Parigi, e perché il suo Dna è stato trovato in covi usati dagli attentatori di novembre. Mercoledì mattina è stato dato per arrestato, poi in serata è stato identificato come uno degli attentatori dell’aeroporto di Zavantem. Per giorni è stato descritto come un esperto nella preparazione di bombe, forse l’esperto che ha confezionato quelle di Parigi, e questo si accorda male con la notizia della sua missione suicida. L’esplosivo usato dallo Stato islamico in Europa è considerato difficile da maneggiare e quindi, in teoria, il belga di origini marocchine era più prezioso come artificiere che come attentatore – ma naturalmente non è dato sapere cosa succede all’interno di una cellula di terroristi e come sono prese le decisioni.
Di questo apparato si parlava già in un rapporto confidenziale di 55 pagine del governo francese, ottenuto dal New York Times e descritto in un articolo domenica. L’articolo si è rivelato attualissimo due giorni dopo, perché lo stesso network che aveva colpito in Francia il 13 novembre ha colpito Bruxelles – e questa è la prima volta che in occidente lo stesso gruppo riesce a colpire due volte, senza contare i tentativi falliti, come per esempio la strage evitata grazie all’intervento di tre passeggeri sul treno Bruxelles-Parigi ad agosto, che potrebbero essere ricondotti allo stesso milieu. Il New York Times, che fa della misura nei titoli la sua cifra giornalistica, mercoledì ha titolato sul “Fronte europeo dello Stato islamico”. Il concetto di fondo resta lo stesso: gli stessi uomini appaiono tra Siria, Turchia, Germania, Ungheria, Francia e Belgio; dispongono dello stesso tipo di esplosivo fai da te, il Tatp; da qualche parte c’è una fabbrica ancora non scoperta di questo Tatp; e c’è un collegamento stretto con la centrale di comando dello Stato islamico a Raqqa, come dimostrano le rivendicazioni rapide e i video (in cui compaiono molti attentatori in scene registrate in precedenza e tenute in un archivio segreto, anche per anni).