Karadzic, quel genocidio in diretta e le stragi islamiste di oggi
Radovan Karadzic è appena stato condannato a 40 anni. Dopo un processo durato 5 anni in cui sono stati ascoltati centinaia di testimoni d'accusa e di difesa, una sentenza sancisce quello che era da sempre evidente: Karadzic è colpevole di un lungo repertorio di crimini, che vanno dal genocidio, a Srebrenica, ai crimini contro l'umanità, lo sterminio, l’omicidio...
Il Tribunale Penale Internazionale lo ha assolto solo da un capo d'accusa, quello di genocidio per le stragi compiute nel 1992 in una serie di città minori e villaggi. Il Procuratore aveva sostenuto anche questa accusa, che comportava per lui la convinzione che fin dall'inizio della cosiddetta guerra civile i serbi di cui il piccolo truffatore, poeta mancato e psichiatra da strapazzo Karadzic era diventato l’irresistibile leader politico perseguissero un piano genocida. Quel piano genocida, dunque, secondo la sentenza, è venuto mangiando.
La sentenza viene nel giorno in cui la capitale d'Europa commemora le vittime della guerra jihadista. La sentenza dice che vent'anni fa in Europa, a mezz'ora di volo dall'Italia, si è perseguito per anni un piano di strage e di genocidio da parte di una fazione armata nazionalista, vastamente istigata e protetta, soprattutto dalla Russia, contro una comunità musulmana di religione, non di etnia. Quel piano era evidente mentre si andava compiendo, giorno dietro giorno, anno dietro anno, per quattro anni. Mentre guardavo la lunga lettura in diretta della sentenza sulla BBC, mi dicevo che una differenza stava già in questo: che non c'era una rete televisiva delle maggiori italiane che trasmettesse in diretta la sentenza.
Guardavo anche Karadzic. Sembra in forma, ha tagliato la barba profetica della sua "latitanza" occupata dalla missione di guaritore new-age, è impeccabilmente vestito, per così dire, appesantito, com'è naturale. Insignificante. Com'è naturale: pressoché nessuno è all'altezza del proprio genocidio, e tanto meno Karadzic. L'ho guardato da una casa italiana. Però riesco ancora a immaginare come l'hanno guardato da una casa di Srebrenica o di Sarajevo.