L'Europa chieda a Netanyahu di commissariare la nostra sicurezza
Il problema lo conosciamo. Non sappiamo chiamare le cose con il loro nome (si dice guerra). Parliamo dei “kamikaze” in modo neutrale stando attenti a dimostrare che la religione (si dice islam) non c’entra nulla con il terrore. Pensiamo che la ragione degli attacchi dei terroristi sia legata a una reazione che arriva dopo un’azione dell’occidente (colonialismo, esportazione della democrazia, liberismo) senza capire che il terrorismo agisce sulla base non di una reazione ma di un’ideologia (si dice islamismo, si dice fondamentalista). Infine viviamo tutti, o quasi, nella grande illusione che siano sufficienti un po’ di lacrime, qualche status addolorato su Facebook e un paio di metal detector in più per sconfiggere un male forse incurabile: l’ideologia fondamentalista. Dice: non c’è soluzione, lo Stato islamico non lo sconfiggi, può arretrare, ci puoi convivere, ma non puoi far nulla per annientarlo e prevenirlo. L’Europa imbelle, ben rappresentata nelle lacrime a loro modo drammatiche di Federica Mogherini, vive in una condizione di rassegnazione e passività, come se il prossimo attentato sia inevitabile.
E mentre tutti noi diciamo no, non cambieremo, non ci cambieranno, non ci accorgiamo che il problema è proprio quello: dobbiamo cambiare. Lo diciamo in modo provocatorio sapendo che non potrà succedere ma che se succedesse sarebbe la soluzione ideale. In fondo, nell’Europa che commissaria i paesi che non sono in grado di mantenere un certo status di salute economica, forse sarebbe l’unica svolta possibile per dimostrare che il terrorismo si può combattere e forse si può persino vincere. Proposta: diamo per due anni al premier israeliano Benjamin Netanyahu le chiavi per gestire la sicurezza dell’Europa e lasciamo che sia il capo di governo dell’unica democrazia liberale al mondo riuscita a convivere con la minaccia del terrorismo islamico senza sacrificare le libertà individuali (Israele) a insegnarci che l’Europa non può far finta di nulla, non può solo preoccuparsi di dimenticare, ma deve imparare a cambiare e deve capire che per combattere il terrore servono due cose: la piena consapevolezza dell’opinione pubblica, a cui non bisogna nascondere la guerra che stiamo vivendo, e l’ulteriore consapevolezza che nulla potrà più essere come prima e che per sopravvivere alla minaccia islamista bisogna vivere in uno stato di eccezione. Bisogna proteggere con le guardie armate ogni spazio pubblico, ogni scuola, ogni centro sportivo, ogni supermercato. Bisogna armarsi fino ai denti. Bisogna accettare, come hanno già fatto gli israeliani, che convivere con la minaccia del terrorismo significa rinunciare a un po’ di privacy a favore della sicurezza. Bisogna rendersi conto che non esiste intelligence vera se non si va alla radice del terrorismo islamista: sia combattendolo sul campo, con una forza incomparabilmente superiore a quella mostrata dai terroristi, sia combattendolo dal punto di vista economico, individuando gli stati che creano e finanziano le cellule da cui nasce il terrore nel nostro continente.
Date a Netanyahu le chiavi d’Europa, chiedete ai Tusk e compagnia varia di astenersi per qualche mese dal mettere bocca sulla sicurezza del continente e solo così forse ci renderemo conto non solo che il terrorismo deve cambiarci, eccome, ma anche che il terrore che attacca l’Europa è la stessa espressione della guerra che l’islamismo ha dichiarato da anni all’unica democrazia che è riuscita a vincere la sfida con il terrore: Israele. Alla guida dell’Europa, in tema di terrorismo, serve una forza incomparabilmente superiore a quelle che ci sono oggi. Bibi, ti prego, pensaci tu.