L'Europa è uno spazio religioso vuoto, difficile prendere le misure all'islam
Milano. L’Europa o è cristiana o non è Europa. E’ stato uno dei pensieri-guida di Giovanni Paolo II, già prima della caduta del Muro. Un lungo magistero, non privo di profezia, che però trovò il punto di non ritorno – o il suo muro incrollabile – proprio in Europa, tra il 2002 e il 2004. Quando si fece rovente, a Twin Towers già abbattute, il dibattito sul riferimento alle “radici cristiane dell’Europa” nel Preambolo del Trattato costituzionale europeo. Com’è noto, quel riferimento esplicito non fu introdotto, e il successivo Trattato di Lisbona del 2007 si limitò ad accennare “alle eredità culturali, religiose e umanistiche dell’Europa, da cui si sono sviluppati i valori universali dei diritti inviolabili e inalienabili della persona”. Più di un decennio fa, qualche secolo dopo Westfalia, l’Europa aveva deciso di definire se stessa come uno spazio religion-free, e specificamente non più cristiano. Anche a volerlo – e c’è chi pensa che sarebbe utile – è un po’ difficile oggi recuperare terreno per una religione che non è parte dello spazio europeo.
Ma un decennio dopo, nelle strette del terrorismo islamista, con 17 milioni di musulmani che vivono sul territorio dell’Unione, la questione della possibile (o no) tolleranza religiosa si fa più complessa. Perché è asimmetrica. C’è una fede tendenzialmente intollerante pronta a prendersi il posto senza nemmeno sottrarlo ad altri: è, per così dire, sfitto. Quando si evoca l’inevitabilità di uno scontro di religioni in Europa, si cita spesso la celebre profezia del cardinale Biffi, “l’Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana”, ma si dimentica sempre l’immediato seguito dell’intervista, in cui diceva: “Ciò che mi pare senza avvenire è la ‘cultura del niente’, della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale, che sembra essere l’atteggiamento largamente dominante nei popoli europei”. Senza avvenire è lo spazio vuoto dell’Europa, che nel suo essere a-religiosa deve però oggi trovare le leggi per normare una presenza religiosa avversa al suo laico sistema di valori. Non è facile.
In un articolo complesso, ma che pone alcune questioni importanti, ieri su Repubblica lo storico della chiesa Alberto Melloni ha scritto tra l’altro che “l’Europa che conosciamo è uscita dalle guerre di religione tra cristiani attraverso un percorso storico-teologico di cui ammiriamo oggi i risultati sbalorditivi”. Intendendo che, dunque, questa Europa ha nei suoi geni la forza di far compiere un altrettanto sbalorditivo percorso all’islam. Si può discutere se sia così vero che “quel percorso ha prodotto un terreno politico-culturale da cui la fede non è uscita indebolita, ma migliore”, molti non sarebbero d’accordo. Eppure Melloni va nella direzione di Ratzinger e del suo giudizio sul beneficio apportato dall’illuminismo al cristianesimo, anche e proprio sul piano delle leggi e della libertà religiosa. Per Melloni, “è questa fiducia nel dialogo infra-religioso e tra fedi e modernità che va incoraggiata”. Il problema è che l’Europa ha un debole e frammentato quadro normativo da usare come piattaforma del dialogo, o da argine. Non ha istituzioni culturali (un istituto superiore europeo di scienze religiose islamiche per accedere alla predicazione? Fantascientifico). Non ha una tavola dei valori e pratiche da far sottoscrivere. Spiega Melloni che l’Italia non ha neppure una legge sulla libertà religiosa, il dibattito su ipotesi di legge è arenato da anni. Come pure il lavoro della Consulta per l’islam italiano. Così diventa insolubile anche il grave problema dell’indottrinamento nelle carceri. Il Dap e l’Ucoii hanno firmato un protocollo per arrivare a una “certificazione” degli imam ammessi a predicarvi. Ma per ora sono solo una decina per una popolazione carceraria di diecimila musulmani.
Melloni è ottimista, ma si potrebbe obiettargli che ciò che manca oggi all’Europa per poter mettere regole e briglie all’islam e indirizzarlo verso un’evoluzione virtuosa è un po’ di sano (e autoritario) illuminismo. Però: uno spazio istituzionale che ritiene inesistente la religione, perché mai dovrebbe essere in grado di stabilirne le leggi?