L'insostenibile “insensatezza” attribuita dal Papa e da Malala all'eccidio di Pasqua
Esecrabile ovvio. Vile altrettanto. Ma perché “insensato”? E perché attribuito all’Anonima Terroristi, quando le circostanze dell’attribuzione e il contesto del carnaio, del macello di bambini, parlano da sole? Nel 2011 un governatore del Punjab, regione strategica del Pakistan e base della forza politica del primo ministro Nawaz Sharif, fu assassinato. Si chiamava Salmaan Taseer ed era promotore di cambiamenti in senso liberale e laico nelle leggi sulla blasfemia, che associate a quelle sull’apostasia definiscono alla perfezione il fanatismo islamico tradizionale sostenuto e difeso dai talebani. Lo scorso 29 febbraio Malik Mumtaz Hussain Qadri, l’assassino, era stato giustiziato in una prigione di Rawalpindi. Parte decisiva della popolazione, in un paese musulmano al 96 per cento e con una minoranza cristiana che non arriva al tre per cento, ha costruito le condizioni della vendetta anticristiana, mobilitandosi per settimane con toni e comportamenti incendiari, chiedendo l’immediata dichiarazione di martirio per il giustiziato e l’instaurazione della sharia, la legge coranica. Al culmine di manifestazioni di intolleranza fanatica anticristiana, un gruppo di fondamentalisti di una setta talebana ha individuato nel parco principale di Lahore, capitale del Punjab, il luogo appropriato: folle cristiane erano in festa per la Pasqua di Resurrezione, lo shahid si è fatto esplodere, le vittime sono oltre il numero di settanta, tra queste moltissimi bambini portati a spasso dalle famiglie, il gruppo fanatico ha rivendicato l’attacco e le sue motivazioni. E’ solo l’ultimo di una serie di attentati in cui a decine cadono cristiani: nei luoghi di raccoglimento, sui sagrati delle chiese, nelle scuole cattoliche.
Dov’è l’insensatezza? Se dal Papa all’attivista premio Nobel Malala si è sentito il bisogno di dichiarare questa incomprensibilità, questa mancanza di senso dell’accaduto, qualcosa deve pur significare. Se vuol significare quanto disse Benedetto XVI a Ratisbona: “Dio non si compiace nel sangue… non agire secondo ragione è contrario alla natura di Dio”, va bene, siamo d’accordo, non possiamo che essere d’accordo. Farsi esplodere in un parco dove giocano a Pasqua i bambini figli di famiglie cristiane è un gesto di nichilismo irrazionale per definizione. Se invece la dichiarazione di insensatezza diventa una regola di prudenza legata allo spirito inter-religioso del dialogo, se il retropensiero è che il cristianesimo è identificato con lo spirito dominatore dell’occidente e in quanto tale condannato a morte (la principale ragione della persecuzione anticristiana secondo lo storico e vaticanista John Allen), allora le cose cambiano e emerge una reticenza ideologica pericolosa. Non si vuole ammettere che il cristiano nel mondo è, per chi ha dichiarato guerra ai crociati e agli ebrei, il prototipo maggiore dell’infedele, del cittadino della terra che abita il territorio dell’ostilità, dell’odio, del disprezzo e della volontà di annientamento. E non si vuole riconoscere che la guerra agli infedeli non è un residuo tradizionalista del letteralismo coranico, ma il modo di manifestarsi di un risveglio storico, radicato nei secoli, di un purismo e fondamentalismo che attraversa, in forme diverse, l’intera comunità o umma islamica.
Le parole hanno un peso. La ragione è parola proferita e recepita. Purtroppo le storie ordinarie di violenza islamista contro la blasfemia o l’apostasia, che riguardino i bambini di Lahore o i vignettisti libertini di Parigi o la folla che si accalca nei caffè e nelle metropolitane o negli aeroporti delle capitali europee, rinviano a una parola profetica. E questa parola fa della spada lo strumento del proselitismo e della statuizione dei confini politici tra credenti e miscredenti, in una logica di sottomissione che sarebbe grottesco togliere dal quadro generale in nome di una presunta insensatezza degli atti di nichilismo devastatori. Lahore è più vicina a Ratisbona di quanto si pensi.