La cura del Gop per debellare Trump rischia di essere peggio della malattia
New York. L’unica soluzione che il Partito repubblicano ha per fermare Donald Trump è una ricetta per l’autodistruzione, un attacco mirato in cui il Gop diventa la vittima collaterale del suo stesso fuoco. L’ipotesi in lavorazione ormai da mesi consiste nel propiziare una “brokered convention” (le parole sono importanti: il partito ora preferisce chiamarla “open convention”, che fa più democrazia e meno accordi sottobanco) per poter rinegoziare all’evento del partito a Cleveland l’esito delle primarie. La condizione perché questo succeda è che Trump non arrivi a conquistare i 1.237 delegati che gli garantirebbero la nomination: se non raggiunge il quorum i delegati sono obbligati a rispettare la loro promessa soltanto nella prima votazione, mentre dalla seconda sono liberi di dare la preferenza a chi vogliono. E’ allora che dovrebbe avvenire il colpo di mano, con il partito che estrae dal cilindro un nuovo nome in grado di riunire il fronte “Never Trump”.
Si è ragionato e si ragiona molto sulla praticabilità tecnica di una “brokered convention”, ma il regolamento del partito lo prevede, e in questi giorni i principali siti di scommesse registrano un aumento delle quotazioni per una convention senza un candidato certo. Inoltre, non è un mistero che i mandarini del Gop a livello locale stiano selezionando delegati-civetta che sarebbero fedeli a Trump soltanto in una prima votazione, mentre in seconda lettura passerebbero senza batter ciglio dalla parte del candidato indicato dall’establishment.
Rimane tuttavia il problema della legittimità. Ammesso che la strada sia praticabile, è politicamente sostenibile? Larry Sabato, direttore del Center for Politics alla University of Virginia, dice al Foglio che non sarà una “brokered convention” a salvare il Partito repubblicano. Anzi, sotto un’apparente vittoria dell’establishment si nasconde una più profonda sconfitta: “Quello che la gente vedrà è un partito arrabbiato, diviso. Milioni di repubblicani non voteranno per Trump se dovesse vincere la nomination, e milioni di americani non sosterranno Ted Cruz o nessun altro candidato”. Secondo il politologo, “Trump non sarà il candidato repubblicano se non riesce a ottenere i 1.237 delegati”, perché il partito “ragiona soltanto in una logica di vendetta”. Una vendetta politica per disarcionare il candidato più votato non è il modo più efficace per ricucire un partito in brandelli.
“Una brokered convention sarebbe estremamente pericolosa per i repubblicani”, dice al Foglio Greg Magarian, professore di legge alla Washington University di St. Louis. “Un candidato alla presidenza deve avere due caratteristiche: appetibilità ideologica per l’elettorato generale, e legittimità politica. Una convention del genere presenterebbe un enorme problema di legittimità. Forse, se Trump non esce con una maggioranza chiara, i repubblicani potranno dire che le primarie non hanno proclamato un vincitore, ma comunque Trump avrà quasi certamente molti più delegati di chiunque altro: diventa difficile sostenere che qualcun altro è il vero candidato”. Il paradosso è che una “brokered convention” ordita dal partito rischia di diventare la prova definitiva delle tesi di Trump sulla politica cialtrona, “all talk, no action”, che manovra tanto e conclude poco, meritandosi il disprezzo dell’elettorato. Quale simbolo più eloquente dell’operare burocratico dell’establishment di una candidatura soffiata alla convention, scavalcando le indicazioni della volontà popolare ?
“Trump ha ragione quando fa leva sulla divisione percepita fra l’élite repubblicana e l’orientamento del popolo”, conclude Magarian. “Il cospicuo numero di candidati repubblicani ha fatto disperdere molti voti, ma lo stesso Trump è vicino al 50 per cento del sostegno fra i repubblicani, mentre la leadership del partito sta facendo di tutto per fermarlo. Questo la dice lunga su quello che gli elettori pensano del partito”. L’unica cura che il Gop ha concepito per debellare Trump rischia di essere anche peggiore della malattia.
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