Le nuove barbarie dell'occidente
Roma. Erudito e poliglotta che ha tradotto i trattati ebraici di Maimonide e quelli islamici di Razi, medievista di fama con cattedra alla Sorbona e a Monaco di Baviera (quella di Romano Guardini), Rémi Brague venne invitato da Papa Ratzinger a far parte del “cortile dei gentili”. La sua carriera accademica è un vortice di diplomi, riconoscimenti, libri. Come “Modérément moderne”, l’ultimo uscito in Francia per la casa editrice Flammarion. Oggi Brague è presente nelle librerie italiane con due titoli: “Il perdono dell’occidente” (Cantagalli), mentre Bompiani ha ripubblicato il suo “Futuro dell’occidente”. Un testo in cui Brague già vent’anni fa intuiva i grandi scossoni della contemporaneità, come la crisi identitaria dell’Europa alle prese con l’islam.
Il medievista Rémi Brague
Come spiegare l’odio islamista per la civiltà occidentale?
“Un odio che si riferisce a tutto ciò che non è islam”, dice Brague al Foglio. “Tutto ciò che lo ha preceduto si chiama ‘ignoranza’, ‘gahiliyya’. Lo Stato islamico ha così distrutto le statue del Museo di Mosul perché testimoniano uno stato precedente all’islam o diverso dall’islam. Gli islamisti, arrivati in Italia, distruggerebbero San Pietro; in Francia raderebbero al suolo la cattedrale di Chartres. Come spiegare quest’odio? Si inizia con la consapevolezza di una schizofrenia in cui vivono i musulmani. La loro religione è intesa, secondo il Corano, come completamento delle precedenti religioni che andrà a sostituire. La loro comunità è ‘la migliore comunità’. Durante i primi secoli dell’islam questo era ancora plausibile. La conquista araba aveva dominato le regioni più avanzate per quanto riguarda la civiltà materiale come la cultura del mondo occidentale. La pretesa superiorità religiosa e il fatto di un progresso culturale si confermavano l’un l’altro.
Ma a partire dall’XI secolo, l’islam a poco a poco si irrigidisce mentre l’occidente ‘decolla’ in economia, demografia, cultura. Oggi, i paesi musulmani sono marginali, e i paesi arabi rappresentano la lanterna rossa del mondo. Come possiamo continuare a credere che l’islam è la religione più avanzata, mentre i paesi che lo professano sono in ritardo? Da qui la sofferenza e i sentimenti ambivalenti verso l’occidente, che è sia invidiato sia disprezzato. Una reazione possibile è quella di credere che il progresso dell’occidente sia in realtà una regressione rispetto ai costumi presunti rimasti intatti al di fuori di esso. Era già così nel XIX secolo in Russia con la risposta degli slavofili, che erano ovviamente non musulmani. E’ una reazione radicale che porta a voler distruggere ciò che è l’oggetto di invidia”.
L’Europa invita al disastro negando la propria identità?
“L’Europa ha sviluppato negli ultimi decenni un talento straordinario nel favorire atteggiamenti suicidi. Si inizia a livello intellettuale, il pesce marcisce sempre dalla testa, perché una buona parte della produzione storica per il pubblico in generale, che i media influenzano, invita all’autocritica e al pentimento per tutto il passato.
Un’altra parte esalta invece il glorioso passato di altre civiltà e giustifica tutti i loro aspetti negativi, tra sacrifici umani e cannibalismo. Il modo in cui i governi europei stanno facendo di tutto per separare le giovani generazioni dal loro patrimonio culturale è abbastanza sorprendente. Imparare le lingue antiche è stata la spina dorsale della formazione delle élite. Queste lingue sono state studiate a St. Andrews come a Lecce, a Coimbra come a Praga, passando per Parigi, Salamanca, Tubinga, Uppsala, Cracovia. Ma il loro studio è ormai emarginato. Così come quello delle fonti religiose, che sono essenzialmente bibliche, sta scomparendo. E’ come se la diffusione dell’ignoranza venisse desiderata. La questione dell’identità non riguarda solo le persone che già si stabilirono molto tempo fa sul suolo europeo. Si tratta anche, e forse ancor più, dei nuovi arrivati. La domanda scottante è: cosa possiamo offrire a queste persone? I ‘valori della Repubblica’? E perché? La ‘laicità’? E quale senso di questa parola così ambigua?”.
Pagine della Bibbia ebraica
Perché è la Francia l’obiettivo prelibato di questo terrorismo?
“Ci sono molte ragioni. Gli immigrati hanno gli stessi problemi in tutti i paesi e in tutti i tempi. Tuttavia, ci sono alcune caratteristiche francesi che rendono la Francia un obiettivo primario. Gli immigrati provenienti dal nord Africa sono stati caratterizzati da un passato coloniale e la decolonizzazione è andata male, soprattutto in Algeria. Quindi ci sono un sacco di brutti ricordi reciproci. Inoltre, al momento dell’indipendenza, il paese ha avuto molti vantaggi: risorse naturali, minerarie e agricoltura, una gioventù istruita, un bilinguismo che ha aperto al mondo. Eppure, in più di quarant’anni, la classe dirigente algerina è riuscita a rovinare il paese. Così si incolpa per tutti i suoi fallimenti il potere coloniale. Di conseguenza, molti algerini si sentono in Francia come in un paese nemico.
Come contro-esempio, si può pensare ai turchi in Germania. Hanno gli stessi problemi di tutti gli immigrati. Ma si sentono in un paese che è stato loro alleato nella Grande Guerra e che non lo ha mai colonizzato. Detto questo, anche i paesi senza passato coloniale hanno problemi con i loro immigrati. Pensiamo alla Svezia, con le rivolte a Malmö e altrove. Un’altra ragione è ciò che simboleggia la Francia, nel bene e nel male. La galanteria nel buon senso della parola, come il rispetto per le donne. Ma è in Francia che ha avuto inizio, un secolo prima che in altri paesi, il declino demografico dell’Europa. Molti musulmani non sentono altro che disgusto per il malthusianesimo francese, le famiglie che rinunciano ad avere figli e prendono i cani. E la legge ‘sociale’ che nel 2013 ha consentito il matrimonio gay alla fine li ha convinti che la Francia è un paese decadente che non ha futuro”.
Parigi in stato di allerta terrorismo, soldati per le vie della città (foto LaPresse)
Secondo lei invece il cristianesimo ha un futuro in Europa?
“Tutto dipenderà dai cristiani stessi. Essi sono compiaciuti troppo facilmente del loro status di minoranza; accettano troppo facilmente di essere discreti. Naturalmente in questo sono aiutati dai media, che preferiscono opporsi al cristianesimo o ridicolizzarlo. Annegano il pesce parlando, sempre al plurale, di ‘religioni’ che sono intrinsecamente violente. Dovremmo allora chiederci non solo se il cristianesimo abbia un futuro in Europa, ma se l’Europa possa avere un futuro senza il cristianesimo. Senza di esso, ovviamente, la geografia non cambierà, ci sarebbe ancora sulla mappa geografica una regione del mondo da chiamare ‘Europa’. Ma sarà anche europea?”.
In un suo libro lei ha parlato di “umanesimo in via di estinzione”. La civiltà occidentale continuerà a nutrire e ispirare l’umanità?
“Io temo il collasso”, conclude Rémi Brague. “Questo non avverrà necessariamente in modo drammatico, come nei ‘disaster movie’ che erano in voga qualche anno fa e che riemergono di tanto in tanto. Si potrebbe invece prendere in considerazione la lenta fiacchezza di una struttura minata dall’interno, o il suicidio, in cui la vittima si abbandona al flusso di sangue in un bagno caldo. Non molte persone se ne accorgerebbero. E il relitto potrebbe essere accolto con gioia dai passeggeri stessi. Il frutto confuta il fiore, diceva Hegel. Ma in questo caso, la vedrei come una regressione alla ‘stupidità dalla testa di toro’ di Baudelaire, una barbarie accompagnata da uno sviluppo tecnologico”.