Gli Lgbt sfidano Jeremy Irons e Ian McEwan, rei di avere idee “nocive”
Roma. Il libertario Jeremy Irons ha sempre avuto la tendenza a mettersi nei guai, come dice la moglie Sinead Cusack. Come quando disse: “I padri sposeranno i figli, per evitare la tassa di successione”. Un paradosso per esprimere la sua forte contrarietà ai matrimoni gay. Poi il Premio Oscar insorse contro la legge che vieta di fumare a New York. “Chi fuma”, disse Irons, “andrebbe protetto come i disabili e i bambini”. Quella volta non la presero bene quelli della National Organization on Disability. E Irons ne ebbe anche per Michael Bloomberg, sindaco di New York, e il suo “nanny state”. E’ lo stesso attore che interruppe un copioso flusso di donazioni al Partito laburista quando Westminster bandì la caccia, da Irons definito “uno dei voti più devastanti dell’ultimo secolo”.
Adesso uno dei protagonisti del nuovo film “Batman v Superman” incorre nell’ira femminista. Irons non si tiene nel colloquio con il Guardian: “La nostra società si basa su una struttura cristiana. Se porti via questi princìpi religiosi, tutto diventa terribile. Si può amare e crescere una famiglia meravigliosamente anche senza essere sposati, ma in realtà il matrimonio ci dà un punto di forza, perché è molto difficile uscirne, e questo ci spinge a lottare per tenerlo insieme. Prendi l’aborto. Io credo che alle donne spetti la decisione, ma credo anche che la chiesa ha ragione a dire che è peccato. L’aborto danneggia una donna – è un attacco mentale e fisico enorme”. Non lo avesse mai detto. Scrivendo su Jezebel, Madeleine Davies definisce Irons “uno stupido”, intimandogli di chiudere “quella fottuta bocca”. Su Inquisitr, Amy Feinstein definisce il grande attore “selvaggio”, mentre su Marie Claire si spiega che Irons non può parlare di aborto visto che non ha un utero. D’altronde Irons non è nuovo a scioccare l’establishment e i fan.
Che Irons non ami lisciare il pelo all’opinione pubblica lo si era capito da una precedente intervista all’Independent, quando aprì le porte del suo castello di Ballydehob. L’aborto? “E’ male”. La chiesa cattolica? “Amo la sua intransigenza”. L’Irlanda contemporanea? “Mi rattristano le chiese vuote”. Il Papa? “La grandezza della fede cattolica è che è incrollabile. Prendi la posizione del Papa sull’aborto, è l’unico che è rimasto costante all’interno delle religioni occidentali. Altri hanno detto che l’aborto è consentito”. Ce n’è abbastanza per trasformare il vip in una strega.
Come sta succedendo a Ian McEwan, uno dei massimi scrittori inglesi contemporanei. Parlando a una conferenza del Royal Institute, McEwan ha detto: “L’identità non si può prendere come in un supermercato delle identità personali, come se fosse un numeretto da indossare. Per esempio, alcuni uomini in pieno possesso di un pene ora si identificano come donne e chiedono di potersi iscrivere a università esclusivamente femminili e di cambiarsi nello spogliatoio delle donne. E c’è stato un noto caso di una donna bianca che si è identificata come nera”. A questo punto una donna tra il pubblico gli ha chiesto di chiarire simili dichiarazioni “offensive” sul diritto di scegliere il proprio sesso o la propria razza. “Chiamatemi all’antica”, ha risposto McEwan, “ma tendo a pensare che le persone in possesso di un pene siano uomini. So che entrano in un mondo difficile quando diventano transessuali e ci dicono che sono donne, che sono diventati donne”.
Sesso e razza, ha concluso il romanziere a proposito della teoria del gender insegnata nelle scuole del Regno Unito, “hanno una base biologica, fa differenza se hai un cromosoma X o Y”. Gli attivisti dei diritti umani, come Peter Tathcell, hanno accusato subito Ian McEwan di “autoritarismo etico” mentre Stonewall, l’associazione che si batte per i diritti di omosessuali e transgender, ha esortato lo scrittore britannico a scusarsi per le sue parole “nocive e pericolose”. A quando uno speciale collutorio per rendere innocua la “fottuta bocca” di questi malpensanti?