Le “dottrine totalitarie” di Pablo Iglesias sulla libertà di stampa
Roma. Pablo Iglesias ha superato giovedì le liste di proscrizione del blog di Beppe Grillo con un attacco violento contro i giornalisti spagnoli, colpevoli di “parlare male” di Podemos. Il leader degli antisistema spagnoli era all’Università Complutense di Madrid per presentare un libro il cui titolo è già un programma: “In difesa del populismo”, del suo sodale Carlos Fernández Liria. Iglesias è nervoso, mesi di negoziati per la formazione del governo non hanno portato a risultati, il leader del Partito socialista, Pedro Sánchez, ha preferito a lui il centrista Albert Rivera, e i giornali non fanno altro che parlare delle crisi della formazione, divisa in fazioni e correnti. Così, davanti a un’aula stracolma, con molti giornalisti presenti, Iglesias è scattato. Con un tono sempre meno ironico, prima ha parlato di una relazione “freudiana” tra Podemos e la stampa, poi ha iniziato ad attaccare “buona parte” dei giornalisti “che sono obbligati professionalmente a parlare male di noi, perché così sono le regole del gioco”.
Li ha accusati di pubblicare notizie false, e poi ha riconosciuto tra il pubblico Álvaro Carvajal, giornalista del Mundo che di recente ha scritto articoli critici contro Podemos, e ha iniziato ad attaccarlo a più riprese. Carvajal, che “ha un aspetto da epistemologo ma è un giornalista”, ha detto Iglesias, e che come tanti giornalisti “racconta una cosa che non è vera come tante cose che non sono vere però si pubblicano”, rappresenta “il giornalista che dice: ‘Voglio avere successo nel mondo del giornalismo e devo fare in modo che ci siano molte mie notizie in prima pagina’. Ma ovvio, se lavoro per il Mundo non posso mettere in prima pagina che ‘Podemos fa tutto bene’, è impossibile. Devo piazzare notizie che dicano che Podemos fa tutto da schifo”. A un certo punto, guardando di sottecchi i reporter, Iglesias ha aggiunto: “Per la prima volta vedo la paura sulle facce dei giornalisti”, i quali se ne sono andati dall’aula mentre la folla applaudiva.
Il rapporto tra Podemos e la stampa non è mai stato idilliaco, ma Iglesias non era ancora arrivato all’attacco ad personam, e secondo il Mundo questa volta “ha mostrato il suo vero volto”. In un’altra circostanza, ha ricordato Victoria Prego ancora sul Mundo, Iglesias era arrivato a teorizzare la formazione di una specie di ministero della Verità, ritenendo aberrante che i media fossero di proprietà di imprenditori privati. “L’informazione è un diritto”, diceva, “e per questo deve essere nelle mani del popolo, rappresentato dallo Stato”. Una “dottrina totalitaria”, nota Prego. E dire che il leader di Podemos deve tanto ai media. Non solo perché lui stesso ha ottenuto la popolarità come ospite fisso dei talk show politici, tanto che Jaime González, capo del settore editoriale del giornale Abc, ha notato che Iglesias “sputa nel piatto in cui mangia”. Ma anche perché Iglesias è da sempre un eroe di quella sinistra, movimentista e idealista, che si ritiene l’unica paladina dell’informazione corretta, della libertà di stampa e del diritto di informare. La sinistra dei bavagli e dei post-it, che ha sempre visto gli Indignados di Iglesias come un modello di riferimento, adesso si trova con un leader che sostiene tesi totalitarie contro la libertà di stampa.
Lui, Iglesias, dopo la tirata alla Complutense si è accorto di averla fatta grossa, e su Twitter si è scusato per aver “personalizzato” il suo attacco. Ma intanto il capo dell’ufficio politico di Podemos, Carolina Bescansa, raccoglieva il testimone e diceva che bisogna “aprire un dibattito su come funzionano i media al loro interno”. Nella Cina comunista, ogni giornale ha al suo interno un ufficio di propaganda. Potrebbe essere un’idea.