Che cosa c'è dietro alla visita di Obama a Hiroshima
Superare il passato, appunto. Quando Shinzo Abe, l'attuale primo ministro giapponese, pronunciò il discorso per i settant'anni dalla fine della Seconda guerra mondiale, parlò esattamente di questo: "Non dobbiamo costringere le future generazioni, che non hanno niente a che fare con la guerra, a scusarsi ogni anno per qualcosa che non hanno commesso", disse Abe, provocando le reazioni indignate di Cina e Corea del sud, che ogni anno aspettano le scuse di stato per i crimini commessi dal Giappone imperiale. Nei paesi asiatici nulla è più importante della Storia, dei libri di Storia, dell'interpretazione della Storia. Questo Obama dovrebbe saperlo. Sulla straordinaria capacità di resilienza del Giappone post Hiroshima e Nagasaki sono stati scritti centinaia di libri, ma interessante è il risvolto politico che oggi assume Washington nei confronti di Tokyo. Nella politica giapponese, sono i conservatori del Partito liberal democratico di Abe - quelli più vicini al nazionalismo e all'eredità del Giappone imperiale – a sostenere una sempre più forte amicizia con l'America. Nonostante le Bombe. I partiti di centrosinistra, invece, vorrebbero una definitiva liberazione dal protettorato statunitense (basti pensare che a difendere i cittadini di Okinawa, ancora oggi vessati dalla presenza militare americana è rimasto solo lo sparuto Partito comunista). Ma questa visita potrebbe rimescolare le carte, mostrando un presidente chino di fronte alla famosa incisione: "Possano tutte le anime riposare in pace affinché non ripetiamo lo stesso errore" – e in giapponese il soggetto che compì l'azione è lasciato impersonale, perché la retorica post-bellica raccontò ai giapponesi che fu la guerra a provocare la tragedia, non gli uomini.
L'America di Obama ha puntato su un pivot asiatico che ha funzionato con il Vietnam, con le Filippine, e forse solo tra altri settant'anni capiremo se ha funzionato anche con il Giappone. Il presidente ha cercato di rendere indipendente Tokyo, appoggiando la riforma della Costituzione pacifista – quella che dal 1945 impedisce al Giappone di avere un esercito – fiancheggiando l'alleato strategico in tutti i dissidi con i vicini. E c'è di sicuro un'opportunità fotografica, nell'essere il primo presidente a essere stato ripreso a Cuba, e poi nel luogo della morte per eccellenza. Ma ci sono molte considerazioni politiche, e dolori ancora da guarire, a Hiroshima. Una conversazione riservata tra il segretario di Stato Hillary Clinton e il viceministro degli Esteri giapponese Mitoji Yabunaka, datata settembre del 2009 e pubblicata da poco da Wikileaks, dimostra che perfino il Giappone sconsigliava al presidente Obama di recarsi a Hiroshima. Il rischio è quello di deteriorare i rapporti tra Washington e i giapponesi, in attesa di novembre.
Dalle piazze ai palazzi