Proteste pro impeachment a San Paolo (foto LaPresse)

#TchauQuerida

“Golpe!”. Per il dopo Dilma, in Brasile è all'opera un team di dinosauri liberali

Eugenio Cau
Il Senato vota per l’impeachment della presidente e subentra il governo del vice Temer, efficace ma poco amato

Roma. In Brasile c’è un solo politico più impopolare di Dilma Rousseff, la presidente sospesa dal suo incarico per 180 giorni nel corso di un procedimento di impeachment che probabilmente porterà alla sua destituzione: è l’uomo destinato a sostituirla, il settantacinquenne vicepresidente Michel Temer. Se i sondaggi danno la popolarità di Rousseff a un misero 8 per cento, appena il 2 per cento dei brasiliani voterebbe Temer come presidente. Temer, che ha assunto l’incarico ad interim, non farà della popolarità la cifra del suo governo, e ha chiamato a sé un plotone di dinosauri della politica liberale brasiliana per rimettere ordine dopo il crollo del governo social-populista di Dilma. Dopo una votazione durata quasi venti ore, il Senato brasiliano ha votato 55 a 22 in favore della mozione di impeachment per Rousseff. Dilma non è ancora sotto impeachment, ma è sospesa dalla carica per un massimo di sei mesi in attesa che il Senato istruisca il processo contro di lei. L’opposizione l’ha accusata di aver violato le leggi finanziarie gonfiando i bilanci dello stato con trasferimenti temporanei di denaro dalle banche pubbliche poco prima delle elezioni del 2014.

 

“E’ un golpe”, ha scritto Dilma su Facebook poco dopo il voto, confermando poi in un “pronunciamento” fatto dal palazzo presidenziale del Planalto, con la folla fuori a esultare, che userà tutti i mezzi a sua disposizione per lottare contro l’impeachment. La maggioranza dei brasiliani è favorevole alla dipartita della presidente, il cui malgoverno provocherà un crollo del pil del 7,5 per cento nel biennio 2015-2016, lasciando un’inflazione alle stelle e la disoccupazione ai massimi da un decennio, ma non è soddisfatta della possibilità di un governo Temer. Così, mentre su Twitter l’hashtag più popolare era #TchauQuerida, versione brasiliana, per così dire, del nostro “ciaone”, su Facebook migliaia di persone riempivano il profilo di Temer di emoticon che vomitano. Temer, navigatore esperto nell’arte di galleggiare tra le tempeste della politica brasiliana, ha formato un governo che è un atto di restaurazione dopo i 13 anni al potere dell’ex sindacalista Lula da Silva e della ex guerrigliera Rousseff. I nuovi ministri dimostreranno efficienza, ma sono un mix di vecchi politici e facce già viste (tutti uomini, tutti bianchi, età media circa settant’anni) che non scaldano i brasiliani. Soprattutto, Temer è favorevole a una politica più liberale, fatta di austerity e tagli alle tasse, l’esatto contrario delle promesse di sussidi sociali a pioggia, aiuti di stato e regalie per cui i brasiliani hanno confermato Dilma meno di due anni fa. Come ha notato Jan Piotrowski dell’Economist, questa discrepanza limita il mandato politico del presidente ad interim, ma fa esultare la Borsa e il real, destinati a rafforzarsi secondo tutti gli analisti.

 

Il più importante ministro del nuovo governo sarà quello delle Finanze, Henrique Meirelles, ambizioso presidente della Banca centrale negli anni di Lula. Meirelles ha presieduto la politica economica del Brasile negli anni del boom ed è un falco anti inflazione, caratteristica che può fare di lui l’uomo giusto per il risanamento. Molti altri nominati per la carica di ministro rappresentano blocchi sociali ignorati o maltrattati da Dilma, come il “re della soia” Blairo Maggi, tra i maggiori latifondisti del paese e nuovo ministro dell’Agricoltura, oppure politici di lunghissimo corso come il settandaduenne Moreira Franco, “segretario esecutivo” alle Infrastrutture, o il settantenne Eliseu Padilha, che è stato scelto come capo di gabinetto. Tra i punti dell’agenda di Temer c’è il taglio dell’immane spesa pubblica e la privatizzazione delle imprese statali, e per ottenere la fiducia degli investitori internazionali il presidente ad interim ha bisogno di un team che trasudi competenza. Per conquistare la fiducia dei brasiliani servirà molto di più, ma Temer potrebbe averci già rinunciato. Per una volta,  rimane fuori dalle prime pagine dei giornali locali la continua sequela di arresti dell’inchiesta Lava Jato, la tangentopoli brasiliana da cui è partita la crisi politica.

  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.