Per la Commissione Ue l'accordo con la Turchia sui migranti aumenta il rischio terrorismo
I pilastri su cui si basava l'intesa con Ankara si stanno sgretolando ad appena due mesi dalla firma: i rimpatri sono fermi e la liberalizzazione dei visti minaccia la sicurezza del continente.
Roma. Rimpatri, liberalizzazione dei visti e sicurezza. I tre pilastri su cui si basa l'accordo sui migranti, sottoscritto tra Unione europea e Turchia, si stanno sgretolando a meno di due mesi dall'intesa. Gli ultimi dati diffusi dal governo greco sui rimpatri dei migranti in Turchia preoccupano molto la Commissione europea. Secondo Atene, dalla firma dell'accordo con Ankara dello scorso 20 marzo, solo 400 delle 8.500 persone sbarcate sulle isole greche hanno fatto ritorno in Turchia. Come non bastasse, Atene ha approvato oltre il 30 per cento delle 600 richieste di asilo sottoposte dai rifugiati siriani, eccedendo di molto le stime iniziali di Bruxelles. Nonostante gli sbarchi sulle isole greche siano diminuiti del 90 per cento, la Commissione europea si aspettava che quasi tutti i migranti arrivati in Grecia dopo il 20 marzo facessero ritorno in Turchia nel giro di poche settimane, chiudendo di fatto la rotta balcanica. E' successo invece che i funzionari che in Grecia gestiscono le richieste di asilo stanno "applicando la legge", analizzando la situazione di ogni singolo migrante "caso per caso", come ha detto al Financial Times il loro capo, Maria Stavropoulou. Molti dei migranti, ha riferito il funzionario, sono "malati" e "vulnerabili" e pertanto, stando ai termini dell'accordo, "sono esenti dal rimpatrio".
Un incontro tra la cancelliera tedesca Angela Merkel e il primo ministro turco Ahmet Davutoglu per parlare della crisi dei migranti in Europa (foto LaPresse)
Mentre Bruxelles si affretta a inviare in Grecia altri funzionari per velocizzare i rientri in Turchia, in aggiunta ai 130 già messi a disposizione di Atene, rischia di cedere anche un altro pilastro dell'intesa. La liberalizzazione dei visti, prevista come una sorta di compensazione per Ankara in cambio dell'accoglienza dei migranti, è il vero "tallone d'Achille dei negoziati", ha detto il ministro turco per gli Affari europei, Volkan Bozkir. Il presidente Recep Tayyip Erdogan ha rifiutato in modo plateale di adeguare la legislazione nazionale in materia di antiterrorismo a quella più stringente dell'Ue. Una chiusura aggravata dalle dimissioni forzate del premier Ahmet Davutoglu, l'interlocutore preferito da Bruxelles, che ha richiesto un'intenso lavoro diplomatico in questi giorni. La scorsa settimana, il ministro Bozkir ha viaggiato tra Bruxelles e Strasburgo per trovare un accordo sull'adeguamento delle norme antiterrorismo, senza successo.
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan (foto LaPresse)
Il tema della sicurezza interna, dopo gli attentati di Parigi e di Bruxelles (le indagini hanno appurato come alcuni degli attentatori abbiano viaggiato più volte da e verso la Turchia), è delicato. Lunedì, il Telegraph ha riportati stralci di un report redatto dalla stessa Commissione europea in cui si mette in guardia sui rischi che l'intesa comporta per la sicurezza del continente.
Spiega il report che la Turchia, a fronte di una legislazione antiterrorismo piuttosto lasca, offre rifugio a "organizzazioni criminali anche di stampo mafioso" ben radicate nel territorio. Una delle principali attività illecite è proprio la falsificazione dei passaporti, un business in crescita dopo la guerra in Siria e l'afflusso di milioni di rifugiati siriani in cerca di documenti validi per entrare in Europa. I funzionari della Commissione hanno fatto notare che l'accordo concede l'accesso all'area Shengen, potenzialmente, a 75 milioni di persone in più. Liberalizzando il regime dei visti viene meno qualunque controllo dell'Europol sulle banche dati che raccolgono le impronte digitali di chi viaggia verso l'Europa. Il rischio, conclude il report, è che "criminali e terroristi, sia di cittadinanza turca sia straniera" entrino nel territorio dell'Ue.