La socialdemocrazia austriaca è in tilt. Tanto potere, poche idee
Berlino. Basta con la politica dedicata al potere. Basta a un partito socialdemocratico “senza valori”, che usa “frasi senza sostanza e molti sorrisi” per fare il marketing di se stesso. Il nuovo leader dell’Spö e nuovo cancelliere austriaco, Christian Kern, non le manda a dire. Apparso in televisione dopo aver giurato nelle mani del presidente (uscente) Heinz Fischer, Kern ha preso nettamente le distanze dal suo predecessore Werner Faymann, l’uomo che ha smosso la palude del centrosinistra austriaco dimettendosi a sorpresa fra il primo e il secondo turno del ballottaggio per l’elezione del capo dello stato. Faymann ha lasciato dopo la pessima performance del suo candidato alle presidenziali, arrivato appena quarto con l’11 per cento dei consensi, e dopo aver preso atto della spaccatura del partito. Diviso sui rapporti da tenere con i populisti del Partito della Libertà (Fpö) e frastornato da una politica per i profughi altalenante fra l’accoglienza e il respingimento, il partito socialdemocratico è in crisi e Christian Kern è l’uomo chiamato a risollevarlo.
Elegante e manageriale, “Kern è un’ottima scelta per l’Spö”, dice al Foglio Franz Fallend, docente di Scienze politiche all’Università di Salisburgo, “soprattutto perché l’immagine pubblica del partito è carente nel settore economico”. Per guidare l’Spö e il paese, Kern ha lasciato l’incarico di amministratore delegato delle ferrovie, “il che fai di lui un Quereinsteiger”, spiega ancora Fallend, usando l’espressione che indica l’outsider, l’esperto prestato alla politica. Allo stesso tempo, il neocancelliere saprà farsi rispettare dai dirigenti dell’Spö essendosi guadagnato i gradi di socialdemocratico quando ha servito come segretario del cancelliere Franz Vranitzky all’inizio degli anni 90. Kern ha anche cambiato metà della compagine socialdemocratica nell’esecutivo di grande coalizione. “Una scelta intelligente”, alla luce del fuoco antipolitico che divampa in Austria e sul quale l’Fpö soffia in abbondanza.
Di clima “positivo” all’interno dell’Spö parla anche Ferdinand Karlhofer, direttore dell’Istituto di Scienze politiche all’Università di Innsbruck. “Il problema è capire se il clima resterà tale anche domenica sera dopo le elezioni”, quando si conoscerà il nome del nuovo presidente della Repubblica. La scelta è fra il verde Alexander Van der Bellen e il candidato del Fpö, Norbert Hofer, arrivato primo al ballottaggio con il 35 per cento dei voti. La chiave per capire le gravi difficoltà in cui versa non solo l’Spö ma tutto il sistema politico austriaco è il mancato endorsement di Van der Bellen da parte della sinistra. In televisione Kern ha detto che lo voterà, ma la sua dichiarazione è stata resa solo a pochi giorni dal voto e solo a titolo personale. Nelle scorse settimane, il partito socialdemocratico si è ben guardato dal chiedere ai suoi elettori di convergere sul candidato ecologista, un fatto inatteso tanto più che due anni fa il congresso del partito aveva approvato il divieto di coalizzarsi con l’Fpö. Una mozione di cui i dirigenti socialdemocratici del periferico Burgenland si devono però essere scordati, visto che da un anno guidano il Land proprio assieme alla formazione che fu di Jörg Haider.
Se Kern rappresenta una rottura, il partito socialdemocratico continua con “la linea opportunista del wait and see praticata negli scorsi mesi da Faymann”, aggiunge Karlhofer. Una navigazione a vista poco compatibile con la rigidità di Van der Bellen, arrivato a dire che se eletto presidente si rifiuterà di incaricare un esponente Fpö di formare il governo. Kern la vede diversamente: consapevole che in Austria il Partito della Libertà raccoglie un terzo dei consensi, il cancelliere ha dapprima espresso la sua preferenza per il candidato verde, ma poi ha suggerito al prossimo congresso del partito di rivedere il veto anti-Fpö. Kern ha meno di due anni per rifare il make-up ai socialdemocratici. Sempre che Hofer non sia eletto e chieda lo scioglimento anticipato del Parlamento.