Trump è l'eroe dei biker, i difensori della Costituzione materiale americana
New York. “Amiamo i bikers? Sì, certo che amiamo i bikers”, ha tuonato Donald Trump al Rolling Thunder, il più importante motoraduno d’America che si tiene nel fine settimana di Memorial Day, ché l’etica del motociclista e quella del veterano condividono un’ampia area d’intersezione. Per l’occasione, il candidato repubblicano ha eliminato la cravatta e riesumato il cappellino rosso con lo slogan “Make America Great Again” che aveva avuto particolare fortuna nella fase più battagliera della campagna. Un invito al Rolling Thunder non è roba per tutti i politici. Qualche anno fa alla ricorrenza che si tiene davanti al memoriale di Lincoln, a Washington, si è palesata Sarah Palin, ma sull’ufficialità dell’invito si è molto discusso; Scott Walker, governatore del Wisconsin e candidato repubblicano spazzato via da Trump è stato ospite del Rolling Thunder per via della sua nota passione per le Harley-Davidson. Ma Trump come eroe dei bikers funziona perché la sua figura di politico antipolitico s’affratella naturalmente con lo spirito libero del motociclista che affronta le strade dell’America senza legami e vincoli, sostenuto soltanto dalla fiducia del suo clan.
Donald Trump al motoraduno Rolling Thunder a Washington (foto LaPresse)
Può sembrare paradossale che un costruttore newyorchese di palazzi dorati con la fobia dei germi e un intonaco di fondotinta possa diventare l’eroe di un tipo americano rurale, in giacca di pelle, più che sospettoso verso le sofisticazioni urbane, ma il candidato trova corrispondenze ed elementi di connessione viscerali, dove un profondo sentimento nazionalista s’incontra con un’altrettanta profonda antipatia per gli uomini e le istituzioni che rappresentano la nazione. Trump “dice quel che pensa, e noi bikers crediamo nella libertà. Sentiamo che lui è uno di noi”, ha detto un partecipante alla manifestazione intervistato da Bloomberg, con parole che inquadrano un sentimento dominante. “Dice quello che ha in mente, e questo è ciò che un biker fa: dice quello che pensa. Se ti piace bene, se non ti piace vai da un’altra parte”, ha detto un altro al New York Times. Trump ha addirittura evocato la manifestazione di Martin Luther King al memoriale per lanciare una frecciata complottista: “Vi dirò cosa mi stupisce: pensavo che sarebbe stato come quella volta, quando la gente arrivava fino al monumento di Washington” ha detto, suggerendo che qualche forza non meglio specificata ha impedito a tutti i manifestanti che lo desideravano di accedere all’evento.
(foto LaPresse)
Il biker è una figura totemica della cultura americana, ora incoronata come simbolo di indipendenza e anticonformismo, ora condannata come criminalità organizzata in versione glamour, con epici scontri fra gang ed episodi di giustizia sommaria consumati sulle strade roventi di un’America perduta e mitologica, dove le controversie si risolvono con la canna del fucile. Negli anni Sessanta Hunter Thompson ha trasformato il racconto di una banda di criminali su due ruote nella radiografia di un popolo. Come i sostenitori di Trump, gli Hell’s Angels raccontati da Thompson non amavano essere chiamati “loser”, e tuttavia avevano “imparato a vivere con questa etichetta”. Ma uno di loro avverte: “Stai guardando in faccia un ‘loser’ che farà una scena infernale prima di andarsene”.
Il biker vive nella società civile ma si concepisce come un eterno outsider, padrone del proprio destino poiché svincolato dal potere che vuole decidere dei destini di tutti, è fuorilegge per fedeltà alla costituzione materiale degli Stati Uniti, luogo fondato sulla giustizia di frontiera, sui cacciatori di taglie, sul culto antistatalista, non soltanto sulle assemblee costituenti e il Bill of Rights. Per questo non c’è contraddizione, ma perfetta continuità, fra l’ethos del biker e quello del veterano che sacrifica la vita per la patria. La vita del motociclista è regolata da un codice; l’onore, non la legge, costituisce il suo orizzonte psicologico, la sua caratteristica dominante è che dice ciò che pensa. le lingue biforcute sono quelle dei politici, che giocano con le parole per piegare ogni cosa verso il loro interesse. Il politicamente corretto è una mistificazione suprema della realtà alimentata dai college liberal, dove nessuno può dire ciò che davvero pensa. In questo fossato fra élite e popolo che il clan dei motociclisti rappresenta s’è infilato a capofitto Trump, che è contemporaneamente il più biker e il meno biker fra i candidati possibili.
L'editoriale dell'elefantino