L'altra piena di Parigi (aiuto!)
La piena della Senna fa paura, quella del politicamente corretto persino di più. Un Verde dragueur che si chiama Denis Baupin, di mestiere vicepresidente dell’Assemblée nationale, si è dovuto dimettere un mese fa per la gogna delle molestie sessuali. Ieri ha dato la sua prima intervista perché non è stato ancora interrogato dai reggitori dell’inchiesta penale ed è già per tutti, compresi i suoi tre figli e sua moglie ministra della Casa nel governo Valls, il DSK dei Verdi (Dominique Strauss-Kahn fu notoriamente coinvolto in una storiaccia di sesso orale denunciato come impetuoso e violento in una camera d’albergo a New York, quando era a capo del Fondo monetario internazionale, e altre performance nella serie delle piacevoli porcherie libertine a pagamento, fino a perdere onore politico e carriera da predestinato all’Eliseo in favore del tenero e grigio François Hollande, casco e croissant per l’amante clandestina).
Baupin è stato infilzato da Mediapart, un sito acuto e assassino animato dal vecchio trotzkista Edwy Plenel, le flic de la République, il poliziotto della Repubblica. Plenel, che fu direttore del Monde e duellò aspramente con Mitterrand, sa da sempre come approvvigionarsi nel bacino d’informazioni circolanti ai margini dei servizi segreti e altri stringer con il coltello tra i denti. In breve. Ai francesi non piace il modello americano, chiaro. Ma se si tratti di molestie sessuali sanno fare anche di meglio. Nelle Università Ivy-League della costa orientale americana nessun professore maschio riceverà giovani dei due o tre sessi riconosciuti senza tenere la porta aperta e cautelarsi affinché il colloquio non comporti la sua rovina morale. Il politico francese dragueur, seduttore, adescatore, rimorchiatore, quello che ci prova, d’ora in avanti si guarderà bene dal posare anche solo uno sguardo non dico desiderante ma benevolo sulle sue collaboratrici e sui collaboratori. E’ accusato di aver preso di petto l’una, di aver carezzato la nuca dell’altra, di aver mandato sms lubrichi e allusivi o apertamente osceni, dunque di essersi avvantaggiato del suo primato gerarchico e della sua masculinité per tentare di baiser forzando le cose e di intrecciare libertinaggi che degradano l’identità percepita delle sue compagne d’avventura e di lavoro.
Lo difende dall’Inquisizione porno-cheap solo il gruppo controcorrente di Causeur, la rivista promossa dalla formidabile polemista Elisabeth Lévy. Troppo poco per una reputazione distrutta. Alla fine dell’intervista del mostro al Nouvel Obs, in cui ammette di essere stato talvolta maldestro e di aver presupposto uno spirito libertino che non c’era, assillando qualche signora, ma di aver sempre militato contro ogni forma di intimidazione e di uso della forza in fatto di sesso e di erotismo, si scopre che i reati, se siano reati, sono prescritti, e dunque un vero processo non si farà e quello che rimane è appunto le pilori, la gogna a mezzo stampa che lo ha devastato. Sul perché sia oggetto di testimonianze accusatrici plurime e concordanti, Baupin non si permette di inferire altro che non sia l’effetto di turbativa di una società chiusa e di un’organizzazione, quella dei Verdi francesi, in preda al marasma politico e ideologico e a una serie di tensioni e nervosismi politici e personali, di idee e di carriera.
Karim Benzema è tra i migliori giocatori di calcio francesi. Black-Blanc-Beur è lo slogan multiculturale e multietnico che coronò la conquista di un Mondiale dei Bleus, che ora affrontano gli Europei in casa, tra una piena e l’altra, tra un Charlie Hebdo e un Bataclan. Didier Deschamps è l’allenatore della Nazionale. La differenza è nei nomi: Karim è ultra-algerino d’origine, Didier è ultrafrancese. Didier non ha selezionato Karim. Karim è nei pasticci per un sex-tape a scopo di estorsione, la presunta cattiveria ai danni di un suo coéquipier. La regola esclude chi sia intorbidato dalla giustizia penale, sebbene Karim sia innocente fino a prova contraria. Didier l’ha applicata.
E qui arriva Eric Cantona (cognome sardo di Ozieri), gigantesco attaccante d’antan al Manchester United, calciatore mitico ora cinquantenne, poi attore e bon vivant nel mondo dorato della gauche cinéphile internazionale (ha girato con le meglio bellezze, è stato diretto da Ken Loach). Cantona è famoso per la sua tigna, le sue frasi celebri, la sua tendenza a menare, insomma ha carattere. Parlando con il Guardian, e poi con Libération, ha detto che Didier non è razzista, ma forse un poco lo è, infatti l’esclusione di Karim sa di discriminazione. Benzema ha confermato: mi cacciano perché accettano le pressioni di una parte della Francia, quella razzista. D’altra parte un deputato di destra anti Merkel, in Germania, ha detto di Jerome Boateng, difensore nero, che i tedeschi lo considerano un gran calciatore ma non necessariamente lo vorrebbero come vicino di casa. Casino. I meglio filosofi si scatenano, la stampa ne gode, il politicamente corretto infrange il vecchio schema nazional-multi-etnico, e riparte la litania. Dopo Charlie e il 13 novembre non si vive più, signora mia, il sogno del dialogo interculturale. L’onda di piena sommerge i valori repubblicani e universalisti, l’eguaglianza davanti alla legge e ai princìpi di dignità. L’esclusione di un giocatore di Bari come Cassano come parte della questione meridionale e del razzismo antiterroni nella selezione ufficiale: robe da ridere. Tra i Bleus giocano Pogba, Evra, Mandanda, Matuidi, Sissoko, N’Golo Kanté e altri Black. Abbondano i Blanc, mancano i Beur. La faute, la colpa, è dell’islamofobia. Sessuofobia, ginecofilia, islamofobia e gran dibattito d’idee sul nulla corretto per colpa di quel maiale di Baupin e di quel gallo di Didier.