Il pompiere dei liberali Jim Messina arriva a salvare pure Rajoy
Roma. Jim Messina avrà per sempre stampigliata una dicitura tipo “guru di Obama” o “mago della comunicazione di Obama” di fianco al suo nome. Messina è lo stratega politico che ha dato un contributo fondamentale alle vittorie del presidente americano nel 2008 e nel 2012, ha fatto parte dell’Amministrazione fino al 2011, ed è normale essere ricordati per il proprio maggior successo. Ma da qualche anno a questa parte Messina, da creatore del mito obamiano, sta assumendo un nuovo ruolo fuori dagli Stati Uniti, e specie nel Vecchio continente, quello di pompiere dei conservatori e liberali in difficoltà elettorale. Prima c’è stato il premier inglese David Cameron, che ha assoldato Messina nell’agosto 2013 e anche grazie ai suoi consigli ha sbaragliato le previsioni dei sondaggi alle elezioni del maggio dell’anno scorso, ottenendo una vittoria straordinaria e inaspettata, e che adesso si avvale della sua consulenza nella campagna per il referendum sulla Brexit. Poi Matteo Renzi, che ha assoldato lo stratega americano a gennaio in vista del referendum elettorale. Infine Mauricio Macri, il presidente argentino che ha sconfitto Cristina Kirchner alle elezioni di dicembre 2015 e ha dato nuove speranze a tutti i liberali dell’America latina. Macri ha assunto Messina lo scorso aprile, con il compito di affinare la comunicazione della Casa Rosada.
Dove passa Messina le probabilità di successo per i candidati da lui consigliati si alzano considerevolmente, ma la prossima sfida potrebbe essere tra le più difficili. Secondo il giornale digitale Sabemos, ripreso da Politico.eu, Messina è stato ingaggiato dal Partito popolare spagnolo di Mariano Rajoy con l’obiettivo di risollevare la campagna elettorale per le elezioni del 26 giugno. I primi contatti erano avvenuti lo scorso ottobre, quando Messina si era incontrato con il capo della campagna elettorale di Rajoy, Jorge Moragas, ma adesso sembra che il contratto sia stato siglato. Messina si dividerà tra Londra e Madrid, e un suo uomo sarà integrato a tempo pieno nella squadra di Moragas. Il suo ruolo, scrive Sabemos, sarà incentrato sulla comunicazione online e sul targeting, la confezione di messaggi politici studiati per ciascun segmento di elettorato.
Sulla carta, la sfida spagnola di Jim Messina non è impossibile: la vittoria inglese di Cameron, per esempio, era arrivata dopo una lunga e faticosa rimonta. Rajoy, invece, è stabilmente primo nei sondaggi. Il Pp ha circa il 29-30 per cento dei consensi, con un distacco ragguardevole dai principali avversari, siano essi gli antisistema di Podemos o i socialisti del Psoe, che viaggiano tra il 25 e il 20 per cento. Ma la frammentazione politica della Spagna, che vive un inedito quadripartitismo (ai partiti sopracitati vanno aggiunti i centristi di Ciudadanos) ha già reso impossibile dopo le elezioni dello scorso 20 dicembre la formazione di una coalizione, e il quadro politico è bloccato sugli stessi numeri da così tanto tempo che sembra che nessuna strategia comunicativa, per quanto geniale, possa smuoverlo.
Soprattutto, a Messina manca la materia prima. Facile lavorare con uno dei più grandi oratori degli ultimi decenni – senza contare che anche Cameron, Renzi e Macri sono leader di notevole carisma. Rajoy, invece, è un grigio burocrate che pensa e parla come un grigio burocrate. Efficiente, a tal punto da aver risanato la situazione disperata dell’economia spagnola, portandola alla maggior crescita di tutta l’Europa continentale, ma privo di ispirazione. Buona parte della sua campagna elettorale è incentrata sulla conquista del voto nelle province (le grandi città sono ormai appaltate ai partiti-novità Podemos e Ciudadanos), e per questo il leader spagnolo sta girando di paesino in paesino per mostrarsi vicino agli elettori. Ma ogni comizio, così come ogni comparsata in tv, è la riconferma che Rajoy è quanto di più lontano possibile da un “politico naturale”, come dicono gli americani. Da qui al 26 giugno, Messina ha poco tempo e scarso margine di manovra.