La distruzione dell'Impero romano, di Thomas Cole

Il rabbino e filosofo inglese

“Le culle vuote sono la fine dell'occidente”. J'accuse di Lord Sacks

Giulio Meotti
La cornice è quella del Templeton Prize del valore di un milione e mezzo di dollari (più del Nobel). Quest’anno lo ha vinto Jonathan Sacks, rabbino capo del Regno Unito per ventidue anni

Roma. La cornice è quella del Templeton Prize del valore di un milione e mezzo di dollari (più del Nobel). Viene comminato dal 1972 a Buckingham Palace da Filippo di Edimburgo e dal principe Carlo a personalità religiose di spicco del nostro tempo, come Madre Teresa, il Dalai Lama e Alexander Solzenitsyn. Quest’anno lo ha vinto Jonathan Sacks, rabbino capo del Regno Unito per ventidue anni, leader ecumenico (nel 2011 ha dialogato con Papa Benedetto XVI), apologeta dell’ebraismo ortodosso, filosofo alla New York University e al King’s College di Londra, autore del recente libro “Not in God’s Name” e uno dei pochi leader religiosi ad aver imposto la propria voce a capi di stato e al pubblico laico (i suoi interventi alla Bbc sono popolarissimi). Sacks ha tenuto un j’accuse sull’Europa e l’occidente, ribadito poi in una intervista al Telegraph. “La caduta del tasso di natalità potrebbe significare la fine dell’occidente”, ha detto Lord Sacks.

 

“Il futuro dell’occidente, l’unica forma che ha aperto la strada alla libertà  negli ultimi quattro secoli, è a rischio. La civiltà occidentale è sull’orlo di un crollo come quella di Roma antica perché la generazione moderna non vuole la responsabilità di allevare i figli”. La società europea così come la conosciamo “morirà” a causa della crisi demografica. Il “crollo” del tasso di natalità in tutta Europa ha portato a “livelli senza precedenti di immigrazione che ora sono l’unico modo in cui l’occidente può sostenere la sua popolazione”. Sacks avverte però che l’immigrazione di massa non può funzionare proprio a causa del grande disagio culturale dell’occidente.

 

 

“Non c’è niente in cui integrare”

 

Il rabbino Sacks paragona questo crollo all’entropia, “la perdita di energia che ha sancito il declino e la caduta di ogni altro impero della storia. Lo storico contemporaneo dell’antica Grecia e dell’antica Roma hanno visto le loro civiltà iniziare il declino e la caduta con il crollo della natalità. Erano troppo concentrati a godersi il presente per fare i sacrifici necessari per costruire il futuro”.

 

Sacks lega la crisi demografica a quella religiosa dell’occidente: “Senza memoria, non vi è identità. E senza identità, siamo solo polvere sulla superficie di infinito”. Gli immigrati non saranno integrati in Europa, “perché quando una cultura perde la memoria perde l’identità e quando una cultura perde l’identità non c’è niente in cui integrare le persone”. Il rabbino imputa la crisi dell’occidente anche al “crollo del matrimonio, che porta a problemi intrattabili di povertà infantile e depressione”.

 

Per il rabbino Jonathan Sacks, “gli storici contemporanei non sono riusciti a trovare un solo esempio di una società che è diventata secolarizzata e ha mantenuto il suo tasso di natalità nei secoli successivi”. Poi ironizza sull’ateismo: “La cosa strana è che le uniche persone che si rifiutano di riconoscere questa realtà sono i nuovi atei i quali adorano una figura in cielo con una lunga barba, Charles Darwin. E se Charles Darwin ci ha insegnato qualcosa è giudicare dal successo riproduttivo”. Quando Sacks è andato a Cambridge alla fine degli anni Sessanta, il corso di filosofia si chiamava Scienze Morali, “significa che, proprio come le scienze naturali, la morale è oggettiva, reale, parte del mondo esterno. Scoprii presto, però, che quasi nessuno credeva più a questo. La morale non era altro che l’espressione delle emozioni”. Avanza, intanto, quello che Sacks chiama con Julien Benda “le trahison des clercs, il tradimento intellettuale del nostro tempo. Nei campus in Gran Bretagna e in America c’è l’abbandono della libertà accademica in nome del diritto a non essere offeso”.

 

Il rabbino Sacks è intervenuto anche sul medio oriente: “La gente si dimentica come la Gran Bretagna ha ottenuto la propria libertà: la guerra civile, il pensiero straordinario attraverso il XVII secolo con John Milton, Thomas Hobbes e John Locke”. Diversa la “primavera araba”. “La gente usa Google e Facebook, i tiranni vengono rovesciati e pensi, ‘si preme un pulsante e Google farà il resto’. Sì, tiranni furono deposti ma ciò che è seguito non era la libertà, ma la terribile anarchia di un genere che conosciamo da Hobbes come ‘solitaria, povera, sgradevole, brutale e breve’. Una precisa descrizione della vita in Siria o in Iraq. Si deve combattere per la libertà. Una società libera è una conquista morale”.

 

Nel suo importante discorso per il Premio Templeton 2016, Sacks ha detto che avanza un “pensiero magico” che assume quattro forme: “L’estrema destra cerca un ritorno a un passato d’oro che non c’è mai stato. L’estrema sinistra cerca un futuro utopico che non sarà mai. Gli estremisti religiosi credono che si può portare la salvezza con il terrore. I secolaristi aggressivi credono che sbarazzandosi della religione ci sarà la pace. Sono fantasie e perseguendole si mettono in pericolo le fondamenta della libertà”. Dai profeti di Israele al saggio islamico Ibn Khaldun, da Giambattista Vico a John Stuart Mill, tutti hanno capito che “le civiltà cominciano a morire quando perdono la passione morale che li ha portati a esistere. E’ successo alla Grecia e a Roma e può accadere in occidente. I segni sicuri sono questi: tasso di natalità in calo, decadimento morale, disuguaglianze crescenti, perdita di fiducia nelle istituzioni sociali, auto-indulgenza da parte dei ricchi, disperazione da parte dei poveri, minoranze non integrate, incapacità di fare sacrifici per il bene del futuro, perdita della fede e nessuna nuova visione che ne prenda il posto”. Sacks conclude così il j’accuse: “Un giorno i nostri discendenti si guarderanno indietro chiedendosi: come ha fatto l’occidente a perdere ciò che l’ha reso grande?”.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.