Il canidato repubblicano Donald Trump (foto LaPresse)

Parigi, Ttp, Ttip: Trump mette in pericolo l'eredità di Obama. Contromisure

Eugenio Cau
Il presidente americano cerca di chiudere i dossier internazionali dicendo: dopo di me il diluvio. Il caso Modi

Roma. Barack Obama e Narendra Modi non sono mai andati così d’accordo. Il premier indiano in questi giorni è in visita a Washington per siglare alcuni importanti accordi economici e strategici, e tra accoglienze festose, incontri calorosi e parole di complice intesa è tutto un parlare di una nuova special relationship tra due delle principali potenze mondiali, dopo decenni di rapporti sospettosi e nonostante il governo Modi sia più volte finito in mezzo alle polemiche per la sua difesa non entusiasta dei diritti umani. “Obama e io abbiamo un’amicizia speciale, siamo sulla stessa linea d’onda”, ha detto di recente Modi in un’intervista. I giornali indiani parlano di “chimica” tra i due, quelli americani di “bromance”. Martedì nello Studio ovale i due si sono chiamati per nome e Modi ha più volte parlato del “mio amico Barack”. Ma secondo il New York Times, tanto affetto ha una causa inattesa: il candidato repubblicano Donald Trump. Per il Times, la semplice ipotesi che Trump e il suo “America First” invadano la Casa Bianca è un fattore sufficiente (uno dei tanti, ovviamente) a spingere Modi e Obama a chiudere quanti più dossier importanti prima della fine del mandato di quest’ultimo. E l’India non è l’unica a temere che Trump, una volta presidente, possa mandare all’aria trattative diplomatiche e deal internazionali. Dagli accordi di libero scambio Tpp e Ttip a intese bilaterali di vario genere fino al deal climatico di Parigi, mezzo mondo è preso dalla frenesia apocalittica di chiudere i tavoli negoziali che Trump potrebbe ribaltare, apparentemente dettata più dal desiderio obamiano di rafforzare la propria legacy che dall’analisi dei programmi ancora fumosi del candidato repubblicano.

 


Barack Obama riceve il primo ministro indiano Modi alla Casa Bianca (foto LaPresse)


 

A Washington, Obama e Modi hanno annunciato un accordo a lungo rimandato per la costruzione di sei reattori nucleari in India da parte di una compagnia americana e hanno fatto passi avanti per una più stretta cooperazione militare tra i due paesi, tutte cose che sarebbero più difficili se il ripensamento delle priorità strategiche dell’America voluto da Trump si materializzasse alla presidenza. Soprattutto, l’India ha annunciato che aderirà a quell’accordo climatico di Parigi che The Donald ha giurato di “cancellare”. Era un passo che a Obama stava particolarmente a cuore: con l’ingresso di Nuova Delhi, l’accordo è vicino a diventare esecutivo entro la fine dell’anno, e questo renderebbe impossibile a Trump la sua rescissione (ma in ogni caso Parigi non prevede penali per chi non rispetta i termini del deal, sarebbe sufficiente ignorarli). Brian Deese, consigliere della Casa Bianca, ha messo in chiaro la fretta dell’Amministrazione dicendo che l’adesione avverrà “il prima possibile quest’anno”. Obama ha promesso inoltre all’India nuovi aiuti economici per lo sviluppo delle energie rinnovabili: impensabili se al suo posto ci fosse The Donald. Lo spauracchio Trump è agitato dai leader europei: da mesi si sprecano gli appelli a chiudere entro l’anno i negoziati per il Ttip, l’accordo di libero scambio tra America e Ue. “Il tempo non è dalla nostra parte”, ha detto Obama durante la sua recente visita europea, dobbiamo fare progressi entro quest’anno altrimenti la “transizione politica” americana potrebbe mettere in pericolo la ratifica dell’accordo. Le sue parole sono echeggiate dalla cancelliera tedesca Angela Merkel. Sulla riuscita del Ttip pesano anche le prossime elezioni tedesche e francesi, e una generale diffidenza degli europei, ma il nome più sussurrato è sempre quello di Trump.

 

I dinieghi di Trump hanno effetto anche in Asia, dove Obama ha viaggiato il mese scorso per perorare la causa dell’accordo di libero scambio del Pacifico, il Ttp, in fase avanzata di approvazione ma non ancora esecutivo. Trump è da sempre contrarissimo al Ttp, e l’Amministrazione ha fatto sapere di avere accelerato i processi di ratifica dei trattati per chiudere la pratica, ancora una volta, entro l’anno (a dire il vero anche Clinton è contraria al Ttp, ma certo lei è considerata più ragionevole). Trump è diventato così il centro di una smania pazzotica, con la Casa Bianca e i media che alimentano paure, non sempre ingiustificate, nei confronti del candidato. Dopo di me sarà il disastro, dice Obama, e più che costruire ponti in vista di una presidenza Clinton è meglio bruciarli per prepararsi a una presidenza Trump. Nei sondaggi The Donald è in svantaggio sulla neo candidata democratica, ma non si sa mai.

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  • Eugenio Cau
  • E’ nato a Bologna, si è laureato in Storia, fa parte della redazione del Foglio a Milano. Ha vissuto un periodo in Messico, dove ha deciso di fare il giornalista. E’ un ottimista tecnologico. Per il Foglio cura Silicio, una newsletter settimanale a tema tech, e il Foglio Innovazione, un inserto mensile in cui si parla di tecnologia e progresso. Ha una passione per la Cina e vorrebbe imparare il mandarino.