Dove finisce il sangue sulla Brexit
Milano. Jo Cox, parlamentare laburista inglese, è stata uccisa a Birstall, vicino a Leeds, nello Yorkshire, pugnalata e ferita da almeno due colpi di pistola. Non è ancora chiaro se la Cox sia intervenuta in una lite o se il suo aggressore aspettasse proprio lei, che era dentro a una biblioteca locale a incontrare gli elettori e a parlare del referendum. In tutto sono passati quindici minuti da quando è iniziato l’alterco a quando l’attentatore ha tirato fuori la pistola e le ha sparato, una o due volte, forse tre, ed è scappato – camminando, dicono alcuni, è entrato nel mercato lì vicino – lasciandola a terra, nel sangue, dietro a un’auto rossa. La Cox è stata subito portata all’ospedale di Leeds dove è stata operata, ma secondo alcune fonti era già morta quando sono arrivati i soccorsi.
La polizia ha arrestato un uomo e ha ritrovato la pistola, ma nella conferenza stampa non ha dato alcun indizio sul possibile movente, limitandosi a dire che si tratta di “un caso isolato” e “localizzato”. Secondo i reporter del Guardian, la casa circondata dalla polizia appartiene a un uomo che abitava lì da 40 anni, vedovo di recente, probabilmente senza un lavoro, conosciuto soprattutto dai ragazzi che avevano imparato a non fermarsi a fare gruppo davanti a quella casa perché il proprietario si arrabbiava molto. Ma l’attenzione della polizia – e dei media e dei commentatori – è rivolta in particolare a una frase che un testimone, parlando a Sky News poco dopo l’attentato, ha dichiarato di aver sentito dire dall’aggressore: “Britain first”, lo slogan dei sostenitori della Brexit – si vota giovedì prossimo al referendum sulla permanenza del Regno Unito nell’Unione europea.
Al di là del movente, le due campagne per la consultazione, il “remain” e il “leave”, hanno subito sospeso tutti gli eventi e gli incontri previsti nella giornata di giovedì e il premier David Cameron ha annullato la visita prevista per giovedì sera a Gibilterra (che era stata molto criticata da parte degli avversari di Cameron al referendum: non si vedeva un premier inglese in visita ufficiale da almeno 50 anni). Pur senza una conferma ufficiale della testimonianza sul “Britain first”, che potrebbe essere quindi il movente dell’assassinio, le accuse reciproche tra gli attivisti dei due campi referendari, condite da oscene teorie del complotto (sintesi: il “remain” perdeva ed ecco che ora ha un cadavere da poter ostentare) e da improvvisazioni statistiche sulle conseguenze dell’attentato (sintesi: quanto perde il “leave” dopo l’omicidio), hanno dominato il pomeriggio di giovedì, mischiandosi ai tantissimi e struggenti messaggi di cordoglio.
Jo Cox aveva quasi 42 anni: il suo compleanno è il 22 giugno, il giorno prima del referendum, e diceva che per quest’anno avrebbe aspettato a fare festa, voleva festeggiare assieme all’Europa e a chi si batte contro la Brexit. Cox è parlamentare dalle scorse elezioni, prima lavorava a Oxfam ed è stata collaboratrice di Sarah Brown, la moglie dell’ex premier Gordon Brown, nella campagna contro la mortalità infantile. Anche suo marito Brendan Cox è stato a lungo legato ai Brown, era un consigliere di Gordon prima di andare a lavorare per Save the Children, da cui si è dimesso l’anno scorso (i Cox vivono su una chiatta sul Tamigi, ormeggiata sotto il Tower Bridge, hanno due figli piccoli). Da sempre impegnata nel mondo degli aiuti umanitari, Cox si è spesa a Westminster in particolare per due cause: la battaglia per il “remain” e soprattutto quella per risolvere la crisi in Siria. Al voto spaccaLabour dell’anno scorso sull’allargamento delle operazioni militari inglesi dall’Iraq alla Siria Cox si astenne: disse che una soluzione militare non era sufficiente, era necessaria una strategia prima di tutto. Per questo fondò un gruppo parlamentare bipartisan, di cui era presidente, per sensibilizzare il paese sulla crisi siriana: la rubrica Red Box del Times, che fa una campagna permanente sulla Siria e sugli effetti della guerra, ha spesso ospitato i commenti della Cox sui ritardi nell’arrivo degli aiuti e sulla catastrofe della generazione perduta dei bambini siriani.
Il rapporto di Cox con Corbyn era come quello di tanti altri laburisti: difficile. Cox firmò per far sì che Corbyn potesse presentarsi come candidato per la leadership del Labour, ma non votò per lui – votò per la blairiana Liz Kendall – e si pentì presto di aver contribuito all’ascesa di Corbyn. Poco tempo fa, Cox ha dichiarato che il leader del suo partito dovrebbe “ammettere di non essere sufficientemente all’altezza” del suo compito, e cambiare strada, o strategia. Soprattutto in questo ultimo periodo, con Corbyn sostenitore riluttante del “remain”, Cox si era lamentata della mancanza di verve dei laburisti nella campagna referendaria. Perché lei era da sempre un’europeista convinta, ottimista anche: quando arrivò in Parlamento, un anno fa, tenne il suo primo discorso su immigrazione ed Europa, dicendo che la presenza del Regno Unito nell’Ue era un’opportunità non soltanto per gli inglesi ma anche per tutti gli europei. Tra le sue ultime immagini pubblicate su Twitter c’è lei su un gommone sul Tamigi con la sua famiglia, il marito Brendan e i bambini davanti chiusi nel loro giubbotto salvagente arancione che li fa sembrare ancora più piccoli, con un’enorme bandiera con scritto “in”. Cox partecipava spesso alle cosiddette “flottiglie referendarie”, i sostenitori della Brexit da una parte e quelli del “remain” dall’altra, che ogni tanto si incrociano sul Tamigi e si urlano qualsiasi cosa, a volte con sorrisi – ci sono le famiglie dopotutto – a volte tirandosi i gavettoni.
I conservatori inglesi