Gli ospiti del Chelsea Royal Hospital, per reduci e invalidi di guerra, al voto per il referendum (foto LaPresse)

Brexit, la modifica dei trattati è necessaria

Guy Verhofstadt
Oggi si vota, le profezie sul futuro del Regno Unito e nostro sono molte. Alcuni politici, esperti e giornalisti ci dicono come dovrebbe essere un’Ue che funziona, tra integrazione e risentimento.

Oggi si vota nel Regno Unito al referendum sulla permanenza nell’Unione europea. In gioco non c’è soltanto lo status britannico ma il futuro di tutto il continente. Abbiamo chiesto ad alcuni esperti internazionali che cosa pensano di questa consultazione e soprattutto come immaginano, come sognano, un’Europa che funziona. Per alcuni la Brexit è un’opportunità anche per il continente, per altri un disastro, tutti dicono che è necessario, comunque vada, reagire in fretta. Ecco l'intervento di Guy Verhofstad. Tutti gli altri interventi sono disponibili nel Foglio di oggi, che potete scaricare qui.

 


 

Sono stanco che si associ la battaglia pro europea alla difesa di un progetto che da tempo ha smesso di funzionare. La cruda realtà è che l’Europa di oggi è lontana da quella progettata dai nostri padri fondatori. Questa Europa intergovernativa, ogni giorno più impotente, dispera i cittadini, che chiedono solamente un’Unione capace di promuovere una politica che crei posti di lavoro, che controlli le frontiere per proteggerli dalle minacce esterne e che garantisca i suoi principi e valori fondanti. La costante apatia di generazioni di politici dal lancio dell’euro alla fine degli anni Novanta ha invece portato l’Ue a essere percepita come una gigantesca macchina burocratica, incapace non soltanto di affrontare situazioni di estrema emergenza, ma anche di garantire il futuro del nostro continente di fronte alla globalizzazione.

 

Come può, quindi, sorprendere l’attuale successo di retoriche populiste e nazionaliste? Il modo migliore per combattere l’estremismo e l’euroscetticismo è ridisegnare completamente il sistema. Questa riforma deve comprendere uno dei suoi pilastri: il famoso coordinamento. E’ da 20 anni che coordiniamo, ma in realtà tale coordinamento non ha portato a grandi risultati. Anzi. L’Ue non ha più bisogno di coordinamento tra stati membri, ma del potere di agire in modo autonomo. E ciò può avvenire soltanto se è dotata di una capacità fiscale nella zona euro per orientare gli investimenti e correggere gli squilibri; di una capacità in materia di sicurezza; di un corpo di sorveglianza delle frontiere e di soccorso; di una politica comune in materia di asilo e immigrazione. Questa autonomia richiede un balzo in avanti; richiede maggiore sovranità condivisa.

 

Ma ciò si può raggiungere soltanto attraverso mezzi democratici. Il referendum britannico ci darà l’opportunità di aprire questo dibattito. Che ci sia un Brexit o no, è comunque necessario cambiare i trattati. Molti in Europa vogliono che il 23 giugno diventi l’occasione per rilanciare il sogno europeo. In generale, il mondo della politica si muove quando è tra l’incudine e il martello, e questa è la situazione in cui versa oggi il futuro dell’Ue. Se non agiremo, saremo condannati ad altri 20 anni di stagnazione e, forse, a una lenta ma ineluttabile dissoluzione finale dell’Ue.

 

Guy Verhofstadt è ex premier del Belgio, presidente dei Liberali e democratici al Pe