Brexit, sogno un'Europa al servizio degli stati
Oggi si vota nel Regno Unito al referendum sulla permanenza nell’Unione europea. In gioco non c’è soltanto lo status britannico ma il futuro di tutto il continente. Abbiamo chiesto ad alcuni esperti internazionali che cosa pensano di questa consultazione e soprattutto come immaginano, come sognano, un’Europa che funziona. Per alcuni la Brexit è un’opportunità anche per il continente, per altri un disastro, tutti dicono che è necessario, comunque vada, reagire in fretta. Ecco l'intervento di Agnès Verdier-Molinié. Tutti gli altri interventi sono disponibili nel Foglio di oggi, che potete scaricare qui.
La Fondation iFrap, attraverso i suoi rapporti, ha evidenziato l’ipertrofia amministrativa dell’Ue, il numero sproporzionato di funzionari che lavorano per Bruxelles. Viene chiesto ai paesi membri di gestire bene la spesa pubblica, di mantenere in equilibrio i conti, di essere trasparenti nella comunicazione delle cifre, ma è l’Europa prima a non esserlo. Solo per avere il numero totale dei funzionari dell’amministrazione europea, abbiamo dovuto consultare decine di rapporti in diverse lingue. A prescindere dalla vittoria del “remain” o del “leave”, bisogna ridefinire la gestione amministrativa dell’Ue in un’ottica di maggiore trasparenza.
L’Europa che desidero è un’Europa capace di far collimare gli obiettivi di equilibrio dei conti pubblici con gli obiettivi di crescita, di riforme strutturali, di innovazione, di creazione di imprese, un’Europa più vicino alle difficoltà degli stati membri, dove questi ultimi restano i padroni del gioco ma con un vero spirito di squadra europeo, un’Europa, insomma, con un’amministrazione a servizio degli stati membri e non a servizio di se stessa. Dal punto di vista fiscale, non sono per l’armonizzazione transfrontaliera, ma un tasso di prelievo superiore al 42 per cento dovrebbe essere proibito, e la spesa pubblica non dovrebbe superare il 50 per cento del pil. Il sistema europeo deve essere più leggero dal punto di visto fiscale. Purtroppo l’Ue si è concentrata troppo sui criteri di Maastricht, rapporto debito/pil non superiore al 60 per cento e rapporto deficit/pil non oltre il 3 per cento, dimenticando la fiscalità.
Agnès Verdier-Molinié, direttrice del think tank liberale francese Fondation iFrap (testo raccolto)