In Spagna è troppo difficile essere politici liberisti
Madrid. A tre giorni dal ritorno alle urne – e per la seconda volta – gli spagnoli farebbero bene a guardarsi: il populismo è una degenerazione e un pericolo per l’intera democrazia. E’ quello che sostiene Juan Ramón Rallo, direttore del think thank liberista Juan de Mariana di Madrid, economista di scuola austriaca e, nonostante la sua giovane età (31 anni), tra gli opinionisti più rispettati del paese. “Come scrive Aristotele nelle sue opere politiche, è necessario mettere in atto una difesa della visione della Repubblica”, specie in quest’epoca di populismi, dice Rallo al Foglio. “Per farlo bisogna porre limiti al populismo delle masse, sostenere il diritto individuale, rivendicare la libertà delle persone”. Il problema, però, è che nessun partito in Europa sembra avere un messaggio chiaro a riguardo. Manca la pedagogia: “Vi abbiamo rinunciato da decenni. Ci troviamo di fronte a una retorica semplicistica, schierata tutta contro un nemico. In Inghilterra il nemico è l’Unione europea, in Spagna sono i ricchi dell’Ibex 35, in Francia l’immigrazione. Questa narrazione infantile piace alle masse e tanto basta per fare incetta di voti”.
Se per l’economista spagnolo la concezione liberale è la vera alternativa al populismo, adesso il rischio è che questo messaggio semplice e messianico si vada istituzionalizzando. “Podemos vende fumo, dice alla gente esattamente ciò che la gente vuole sentirsi dire, ma mente”. Basta guardare il programma economico (stampato in stile catalogo Ikea) di Pablo Iglesias. “Carino sì, ma poco fattibile. Podemos intende aumentare la spesa pubblica di 100 miliardi di euro di qui al 2019. La Spagna non può permettersi una spesa simile (abbiamo ancora un deficit di 50 miliardi di euro) e il piano di finanziamento presentato da Iglesias non è credibile: circa 70 di questi 100 miliardi dovrebbero arrivare dai ricavi della crescita economica. Come a dire, dalla divina provvidenza”. Non solo. Un governo guidato da Unidos Podemos (la coalizione di Pablo Iglesias e Alberto Garzón, leader dei comunisti di Izquierda Unida), per Rallo rischia di non avere comunque futuro. “La Commissione europea non accorderà alla Spagna altre concessioni sul deficit come vorrebbero i populisti (l’ha già fatto per sette anni). Se Podemos porta avanti il suo reale programma economico, non mi aspetto nulla di buono. Gli investimenti potrebbero paralizzarsi, potremmo finire come la Grecia di Syriza”. Il rischio di recessione, insomma, è dietro l’angolo. Lo dicono una mezza dozzina di banche internazionali – da Morgan Stanley a Ubs – che stanno mettendo in guardia i propri clienti. A Madrid poi è arrivata l’allerta anche dall’italiana Unicredit: “con un forte risultato di Podemos”, dopo il 26 giugno ci sarà un effetto negativo sugli spread. Per l’istituto di credito lo scenario più probabile resta comunque quello di una vittoria di Mariano Rajoy, cui servirebbe, come miglior soluzione, “una grande coalizione tra Psoe e Pp”.
Sul recupero dell’economia iberica Juan Ramón Rallo non ha dubbi: “Rispetto all’Italia, che è ferma da venticinque anni, stiamo meglio. Ma siamo solo a metà dell’opera. La riforma del Lavoro approvata dal Partito popolare sta creando occupazione a un ritmo piuttosto sostenibile, 500 mila persone l’anno, ma non basta. Servono ancora più tagli alla spesa. Tocca vedere chi ha il coraggio e la responsabilità, tra i quattro candidati, di continuare l’opera”. “Mi fido sempre del politico che meno promette, che poi è quello che meno ti delude”, dice Rallo. “In questo caso il Partito popolare è quello che meno propone, anche se negli ultime quattro anni alcune promesse di Rajoy non sono state rispettate. Probabilmente ai popolari serve un momento di rigenerazione. Qualsiasi governo con Podemos però è la peggiore opzione”. Rallo sostiene che il metodo migliore per sgonfiare Podemos alle scorse elezioni di dicembre forse sarebbe stato consentire la formazione di un governo tra i socialisti e Ciudadanos: “Sono due partiti che generano meno rifiuto”. Troppo tardi. Secondo gli ultimi sondaggi Pablo Iglesias sta già sventolando la bandiera dell’egemonia sulla sinistra spagnola.