Nel panico da vigilia, tra ansia e ultimi morsi, tutto diventa “irreversibile”
I sondaggi mostrano un testa a testa brutale da tempo. Ora però, a sentir parlare i direttori degli istituti di sondaggio principali, c’è un pregiudizio positivo nei confronti del “remain”. Tra i leader politici, tutto quel che pareva negoziabile, o almeno opinabile, è diventato immutabile. Chi è fuori è fuori.
La vigilia non è mai un bel giorno, c’è ansia, c’è trepidazione, c’è panico, ci sono soprattutto troppe domande. Il Regno Unito non fa eccezione e così ieri, in attesa dell’apertura delle urne (si vota oggi al referendum sulla Brexit), i leader politici sono riusciti ad azzannarsi ancora un po’, a parlare di nazisti ancora un po’ – un’altra gaffe – aspettando verso sera che a mordere tutti arrivasse Jeremy Paxman, temutissimo giornalista famoso per ripetere la stessa domanda in modo ossessivo fino a che non ottiene una risposta, che ha moderato, si fa per dire, l’ultimo dibattito tv su Channel 4 prima dell’apertura dei seggi. La sera precedente era stata la Bbc a organizzare un dibattito con tante leader politiche – e di donne fin qui non se n’erano viste molte – e un tono molto agguerrito, finora il debate più riuscito.
Al di là dei fatti relativi alla Brexit che, come si sa, non sono troppo rilevanti, perché il cuore, come dicono tutti gli intervistati, sta travolgendo la ragione e con essa tutti i report, forecast, dati e profezie, l’altra sera abbiamo scoperto che il mondo politico inglese è vivacissimo, e che c’è vita oltre questo referendum: il neosindaco di Londra, Sadiq Khan, e la leader dei conservatori in Scozia, Ruth Davidson, sono stati precisi, arguti, spietati, e ieri mattina molti commentatori politici scrivevano felici che il futuro della politica inglese è radioso, pieno di personaggi fenomenali. Certo, c’è una gran voglia di distrarsi dai soliti volti, che in questi mesi abbiamo visto dappertutto e forse non al loro meglio, però una sorpresa così fa sempre piacere.
Chi le sorprese invece le teme sono semmai i sondaggisti, che in queste ultime ore sembrano i più impanicati. Sbaglieranno un’altra volta? Difficile dirlo, perché i sondaggi mostrano un testa a testa brutale da tempo – le ultime oscillazioni sono a favore del “leave”, ma siamo sempre dentro al margine d’errore – però a sentir parlare i direttori degli istituti di sondaggio principali – intervistati uno per uno da Buzzfeed – c’è un pregiudizio positivo nei confronti del “remain”. Nessuno sa spiegare però se ci sia una differenza tra le tante telefonate fatte agli elettori e il wishful thinking che aleggia un po’ ovunque in Europa: non possono andarsene gli inglesi, dai, dicono un po’ tutti. La cautela è massima, come sempre, lo stesso premier David Cameron cerca di rivendersi come il negoziatore in chief, comunque vada, e ancora ieri al Financial Times ripeteva: no, non sono pentito di aver indetto questo referendum.
Il primo ministro David Cameron con la moglie al voto sulla Brexit (foto LaPresse)
Chissà che cosa pensa davvero, chissà a che punto è il suo livello di esasperazione mentre negli appelli elettorali si è messo a parlare ai vecchietti, ai nonni e ai pensionati, che sono gli euroscettici più euroscettici del Regno, dicendo: non fate sgarbi ai vostri nipoti, che amano l’Europa, lasciate loro la possibilità di restare attaccati al continente. I giovani sono la risorsa umana più importante per il fronte del “remain” e infatti sono stati bombardati di notizie e di inviti ad andare votare su qualsiasi piattaforma possibile, al punto che alcuni si chiedono se tanta pressione non sia controproducente. E’ la stessa domanda che si pongono alcuni esperti quando ripensano agli appelli e alle visite nel Regno da parte dei leader stranieri, tornati tutti alla memoria ieri, in un colpo solo, quando anche il segretario generale della Nato, Jean Stoltenberg, ha detto che senza il Regno Unito combattere il terrorismo sarà difficilissimo. Non è che a furia di dire che è necessario essere ragionevoli ad alcuni verrà voglia di fare esattamente il contrario?
La viglia appunto è un giorno difficile, basta vedere i toni utilizzati ieri a Bruxelles, duri, taglienti, definitivi: chi decide di star fuori starà fuori, non c’è modo di trovare un compromesso che ancora una volta faccia attenzione ai capricci britannici. Mai come in questa settimana la parola “irreversibile” ha scandito gli interventi dei leader politici: tutto quel che pareva negoziabile, o almeno opinabile, è diventato immutabile. Chi è fuori è fuori. E se Boris Johnson, spensierato come sempre, dice: che bello, non abbiamo bisogno di reversibilità, questo referendum è il giorno dell’indipendenza britannica, ancora una volta Jeremy Corbyn si rivela l’alleato più sfuggente del Regno. Ieri non ha voluto presentarsi assieme a Cameron all’ultimo comizio per il “remain”, per tatticismo politico naturalmente, ma dando ancora una volta l’impressione che chi si oppone alla Brexit abbia un cuore troppo tiepido per essere davvero credibile. Sul cielo di Londra volavano gli aerei del “remain” e quelli del “leave”, a volte cadevano volantini, andate a votare andate a votare, l’indifferenza è il nemico peggiore, e mentre a Trafalgar Square si commemorava Jo Cox, la parlamentare laburista uccisa una settimana fa, gli aerei del “leave” sono rimasti lontani, giravano su altre nuvole, rispettosi. Anche quelli del “remain” si sono allontanati, per non fare altro fastidioso rumore.