La doppia guerra civile di Londra
Michael Gove si candida nella corsa dei Tory e sfida Johnson, che fino a ieri era il suo "migliore alleato". Una lotta di potere che ricorda quella nel Labour. Con qualche differenza notevole.
Londra. Anche Michael Gove si è buttato nella corsa dei Tory, dando il via alla guerra civile dentro al partito, che era sembrata fino a questo momento parzialmente sotto controllo. Nessuno si aspettava che Gove si candidasse, è considerato “il miglior alleato di Boris Johnson”, come ha confermato al Foglio anche l’analista Tim Bale: da giorni non si fa che favoleggiare del “dream team” dei sostenitori della Brexit, il fronte più forte contro tutti gli altri aspiranti leader. Insieme faranno faville, dicevano i parlamentari che sono già stati contati tra le fila di Boris e che ora dovranno vedere come posizionarsi: a convincerli, in questi giorni, pare sia stato Gove.
Nelle prossime ore si capirà perché il ministro della Giustizia schivo e rintanato nel dietro le quinte abbia voluto sfidare l’alleato Boris Johnson. Ora sembra che la responsabilità sia della moglie, la giornalista Sarah Vine: ieri è circolata una sua email – intercettata da Sky News – in cui diceva a un collaboratore di Gove di stare attenti con Boris: bisogna essere sicuri dell’alleanza, bisogna avere già stabilito che cosa si otterrà in cambio, e Gove ha dalla sua parte i giornali pro Brexit, come il Sun e il Mail, che lo preferiscono all’ex sindaco di Londra.
"Sono Theresa May e sono la persona migliore per fare il premier della Gran Bretagna". Così il ministro dell'Interno annuncia la sua candidatura a leader dei Tory. "Io non sono quel tipo di politico che fa gli show o che va a bere ai bar del Parlamento. Io faccio soltanto il mio lavoro".
Forse l’intercettazione era pilotata, forse il negoziato era già collassato e l’email era solo la pistola fumante, sta di fatto che quel che prima sembrava una corsa composta verso la successione di David Cameron ora diventa guerra. Theresa May, ministro dell’Interno che si candida in quota “unità del partito”, ora vede la sua posizione indebolirsi, dopo che i sondaggi – che non andrebbero nemmeno più citati – l’avevano data avanti nel cuore dei conservatori. La guerra di potere assomiglia a quella che sta compromettendo il futuro del Labour, che oggi assiste alla candidatura ufficiale di Angela Eagle, ex ministro del governo ombra di Jeremy Corbyn che sfida il suo capo – Corbyn non molla, questo si era già capito. Ma c’è una differenza tra queste due battaglie: i Tory cercano un leader, il Labour cerca ancora una visione.
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